Trovare le strade che conducono a sé…

Chi non ha mai vacillato nell’acqua melmosa delle proprie insicurezze?

Chi non ha dovuto scalare strade intricate e d in salita, per imparare a riconoscere la propria incapacità di sentirsi unico e speciale, semplicemente per ciò che si è?

Sin da bambini si cerca di percepire il proprio valore, attraverso lo specchio dello sguardo altrui, per prima quello dei nostri genitori, diventa via via un marchio a fuoco che segna per la vita il modo in cui dovremo amare noi stessi e come vorremmo essere amati e considerati dagli altri.

E’ possibile essere amati se non si è convinti di essere amabili?
Da dove deriva questa difficoltà di darsi un valore?
 Amarsi è la premessa per una vita piena e armonica, per una percezione di sé degna di essere felice. Rispettarsi, come (ri)conoscere i propri interessi profondi al di là dello sguardo degli altri, è fondamentale per imparare ad essere felici.

Volersi bene non è un segno di orgoglio o egoismo, è una corona di sentimenti e valori positivi, tra cui l’ autostima, di cui creare le fondamenta del proprio Io.

Spesso nonostante ci si sente intelligenti, non si è affatto vincenti.Come si fa a far venire fuori il meglio di sé?

 In realtà quello che si pensa di se stessi sono auto svalutazioni come:
“Non valgo niente… Non sono degno d’amore…. Sono un buon annulla”


A volte lo sguardo di un genitore, un atteggiamento poco amorevole, una scarsa considerazione dei suoi desideri e delle cose che lo riguardano si traduce in una frase :” tu non sei nessuno” un condizionamento negativo per la propria vita che conduce ad essere soddisfatti per i propri fallimenti.Quando tutto sembra andare bene, ci si spaventa e si abbandona il campo, per paura di un successo che condurrebbe in un territorio sconosciuto.

 

Queste persone sono rassicurate solo dal fallimento delle proprie imprese.
Dietro le ripetizioni dei propri insuccessi si nasconde un comportamento che blocca l’individuo in uno schema e lo porta ad arenarsi.
Riuscire, infatti, sarebbe come rompere un patto….
Scontenti di sé stessi, si vaga a vuoto, nell’infinito girone della ricerca di qualcosa che possa dare senso alla propria vita , affidandola al “destino” nella speranza di una Svolta…
In realtà la strada da intraprendere è ritrovare il capo di quel filo che conduce alla parte più intima di noi e cominciare a parlarLe, a buttare fuori ciò che va e che non va, costruire con le proprie ferite, il rovescio di una Nuova vita dove il comandamento è un mantra: IO VALGO!67/365 Spring Forward!


 

Londra all’Improvviso…

Mancano circa 48 ore dalla mia prima volta a Londra. 48 ore: un salto nel buio.
Mi emozionano sempre le prima volte, mi emoziona quello che c’è prima, quest’attesa, quello che nella mente si fa spazio, dirada e allarga i pensieri, li fa danzare ad un ritmo accelerato, in un crescendo che è magia pura…

Le valigie sono aperte lì sul letto, in attesa anch’esse di essere riempite. Ma cosa è necessario portare con me, più della voglia di scoprire e di divorare con occhi, mani , bocca e tutti i sensi, tutto ciò che è possibile contenere in soli 5 giorni?
Che compito arduo, avranno i miei sensi in questi giorni… Infilzare la memoria di più cose possibili, più di quante ne abbia immaginate in 34 anni che sono al mondo e non deludere Miss. Aspettativa. Una donna rigida, esigente e sola, che non si accontenta mai e resta perennemente critica e delusa…

Infatti, sto pensando di boicottarla e svignarmela di prima mattina, prima che si accorga della mia partenza.. Allora si, che ci si divertirà!
Miss. Sorpresa ha detto che mi raggiungerà all’aeroporto e che vorrà condividere con me tutte le esperienze, è davvero simpatica, con quell’aria sbarazzina, una compagna di avventure insostituibile. Si, credo proprio che sarà carino scoprire con lei ogni nuovo angolo di questa città.

Sono aperta, mia cara Lady London, ad ammirare ogni tua sfumatura, ogni linea o curva, ogni prezioso grappolo di vita che si avvilupperà davanti i miei occhi, e dentro la mia pelle,… chissà

Ho pennelli e tempere per raccogliere tutti i tuoi colori, ed imprimerli per sempre, nel quadro della mia memoria. Chissà quanti rewind e fermo immagine…

Mi attenderà immancabile, il tuo cielo a catinelle rovesciato, le corse e gli incroci fortuiti nella metro, la musica del tuo dotto Big Ben… o forse un sole spalancato sui tetti incolonnati, un’ombra del tuo fumo, un’aria misteriosa ma leggera…

Io sarò puntuale al ns. appuntamento, quello che quella bimba di 6 anni ha stretto con te tanti anni fa, guardando una semplice fotografia, in un libro scolastico “you”.

Da quel momento ti ho stretto nel mio cuore, ti ho vissuto nel silenzio dei miei sogni per 34 anni, ed ora sono pronta per celebrare e suggellare questo incontro, come promesso, prima che compia il mio 35 esimo anno.

Ho sbagliato tutto, mia cara Lady… perché mi sono fatta troppe domande su questo strano senso di appartenenza…

Non avrei dovuto aspettare tanto, l’amore non si fa mai attendere…

Così questo mio amore per te ha ben poco a che vedere con la razionalità.

Ci si innamora, punto e basta!
.…”I’ve got London under my skin…”

 

London Stampa artistica di Andrea Laliberte

*stampa aritistica di Andrea Laliberte

Stoica Cecità

Sempre più alla deriva, al margine, la vita. Oggi quella di Lorena Cultraro, a soli 14 anni.

Manipolata, stritolata,stuprata, soffocata, bruciata strappata via dalla ferocia, stoica cecità di “piccoli” uomini, dal comportamento simile a bestie che, non contenti,l’hanno buttata  nel pozzo.

E’ il contagio di qualcosa di cui non si conosce la causa?

Quello che si replica giorno dopo giorno sembra una premonizione, o una previsione che il grande premio Nobel per la letteratura portoghese José Saramago nel 1995, ha descritto nel suo romanzo, Cecità.


In una città qualunque, di un paese qualunque, un guidatore sta fermo al semaforo in attesa del verde quando si accorge di perdere la vista. All’inizio pensa si tratti di un disturbo passeggero, ma non è cosí. Gli viene diagnosticata una cecità dovuta a una malattia sconosciuta: un «mal bianco» che avvolge la sua vittima in un candore luminoso, simile a un mare di latte. Non si tratta di un caso isolato: è l’inizio di un’epidemia che colpisce progressivamente tutta la città, e l’intero paese. I ciechi, rinchiusi in un ex manicomio e costretti a vivere nel piú totale abbrutimento da chi non è stato ancora contagiato, scoprono su se stessi e in se stessi, la repressione sanguinosa e l’ipocrisia del potere, la sopraffazione, il ricatto e, peggio di tutto, l’indifferenza”.

Paradossalmente, è proprio il mondo delle ombre a rivelare molte cose sul mondo che credevamo di vedere.

“… Perché siamo diventati ciechi, Non lo so, forse un giorno si arriverà a conoscerne la ragione, Vuoi che ti dica cosa penso, Parla, Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.”

La società contemporanea, come sostiene Saramago,è “cieca” poiché è indifferente,si è perso il senso di solidarietà fra le persone.

Ciò che prevale è brutalità ed egoismo.

Ciò che invece dovrebbe esserci e prevalere è guardare il bisogno altrui e il limite da non valicare mai, senza

la cecità della totale chiusura.
Toccherebbe occuparsi e pre-occuparsi nei rapporti umani.

“Il presente che ci resta:
…dalla perdita presente alla trama a venire, noi siamo dove?” F. Alborghetti

Tutto ciò che abbiamo vissuto è scritto per sempre dentro di noi e può riemergere in ogni istante, intriso di perdite e di dolori nella propria memoria.

La memoria è coscienza.

Questa brutalità non è una linea d’ombra, è realtà evidente!

Non si può lavare via!


 

La coda di un Amore

Quel giorno sulla spiaggia esistevamo solo noi.
Stretti nel nostro abbraccio,  nulla sembrava potesse toccarci o portarci via ciò che ci teneva così uniti,
saldi l’uno all’altra, così inseparabili…
Si stava sempre a due metri da terra o poco più, con la testa per aria ed il cuore leggero ed accelerato…
Persino le “onde” degli eventi, pensavamo, non avrebbero potuto erodere con la loro irruente imprevedibilità quel sentimento, più forte e consistente di qualsiasi roccia…
Rapiti dall’impeto di quel sentimento, non conoscevamo i moti dell’amore, i suoi cicli, le sue espressioni, le mille facce così diverse ed inaspettate…
che nel tempo poi, ci hanno  spiazzato e resi fragili…
Oggi so, guardando questa foto che quell’emozione è legata ad un aquilone chiamato sentimentalismo,
che ha un solo grande battito, chiamato “passione”,
ed ha una coda che si comincia a vedere negli occhi dell’amato,
solo quando sfuma, proprio come la spuma dell’onda,
che dopo essersi innalzata fino a sfiorare il cielo,
si avvolge nel suo stesso corpo fino a raggiungere la meta,
fino a infrangersi sulla riva, ed è lì che muore e conosce  la sua “fine”…
Il sentimento vero non canta nelle orecchie.
Conta nei momenti bui.
Si fa presenza e sorregge, proprio quando credi di non valere niente.
Lui crede in te, e ti fa forza con un sorriso ed un abbraccio che toglie il fiato e ti riporta a terra,
con il sole  e la luna che  guardano fieri, perché si è saldi e non si scappa.
Ma io e te questo Amore non l’ abbiamo conosciuto mai.
Ci siamo fermati fuori quella porta, pensando chissà cosa ci aspettasse una volta aperta.
Che so, ci fosse un precipizio, un burrone, una scelta, una via di fuga, un’evasione…

 Quante volte abbiam pensato che era tutto da buttare?

Quelle incertezze ce le siamo incollate addosso, e non le abbiamo eliminate più.
Sono cresciute, insieme ai giorni che diventavano anni, si , di sopportazione nutriti dall’indifferenza.
Le braccia si sono tese, per aumentare la distanza.
L’esigenza di definire uno spazio proprio, e non più un comune spazio.

 Si è Legati senza alcuna appartenenza…


Oggi ho nel cuore il tracciato di un viaggio bellissimo chiamato:
“Amore fino a”
 E forse non è degno di essere chiamato Amore!
 Forse, l’Amore non si chiama: semplicemente  è…
 
Resta un marchio sulla pelle, una pellicola del  vissuto insieme.
Le piume di una storia che ci hanno donato la saggezza di essere “umani”, senza ali.
Consapevoli che ciò che vivi ha sempre un sapore ed un retrogusto,che conosci solo dopo,
quando sperimenti  l’ assenza.

Qui per sempre nella mia bocca,  ti ricorderò  come il sale, che brucia fino a frantumare il  cuore.

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*questo racconto non è autobiografico, è frutto della mia fantasia

Tra un Idillio ed una nuova esperienza inaspettata

“Abbiamo parlato a lungo dell’amore . Ora proviamo ad ascoltarlo, Vuoi? ” Anonimo

Giorno per giorno

Attimo dopo attimo

Si insegue inconsapevolmente un desiderio che spinge sotto la pelle, preme sul cuore affinché possa avverarsi…

È inutile negare la presenza di questa scia che condiziona i nostri movimenti, mette polvere di stelle sui sogni ad occhi aperti, come su quelli chiusi, che è  ciò che colora la speranza…la vita.

Il problema guastafeste è l’aspettativa, che avvinghia ed inevitabilmente delude…

Ho smesso da tempo di vivere facendo programmi, di tenere tutto sotto controllo, eliminato ogni tipo di pianificazione a lungo termine…

Così ho imparato a masticare il sapore degli imprevisti e delle sorprese.

Attimo per attimo, gusto.

Così ho scelto una cornice al mio vivere, una vastità di verde dove immergere la vista, lenzuola di cielo dove distendere arti, tronco ed anima…

così è stata anche la mia DOMENICA…457720388_394cee41f7.jpg

Mentre la luce cambiava ogni secondo, colorando le nuvole che erano tutte strappate ai bordi il mio sguardo è caduto in un incontro fortuito ma intenso… c’erano delle presenze uniche ad esaltare il paesaggio, c’erano spiriti liberi che cercavano un contatto…cavalli in libertà…

Poi, un uomo si è avvicinato, colpito dai miei occhi spalancati, e mi ha invitato ad avvicinarmi a stabilire un contatto, accarezzandoli….

“si possono cavalcare sai…” disse- quasi come se mi leggesse nel pensiero…

Ho sempre sognato di salire su un cavallo, sin da bambina, ma non era mai capitata l’occasione.

Ora che l’occasione c’era, non avevo scuse per tirarmi indietro, nonostante le mie piccole resistenze.

Sono salita su “Giulietta” ed è stato stupendo guardare il mondo ancora una volta, ancora da un altro punto di vista.

E’ stato come abbracciare la circonferenza della terra, fondermi con i colori, unirmi all’orizzonte che sfumava via nel”non so dove” . Per un istante ho sentito di contenere tutto in uno sguardo…

Al centro di questa illusione c’è un sapore “unico”, il ripieno di questa dimensione, più chiara perché più vasta…

Ho sentito tutta me stessa, quella sensazione ineffabile di essere, che non è un pensiero o un’ emozione, ma puro essere in un momento senza tempo.

È essere senza qualifiche, al di là degli alti e bassi della vita emotiva, dell’ alternanza di questo o quel tratto del carattere, dello scorrere delle vicende umane. È ciò che di me rimane sempre uguale attraverso il dipanarsi del tempo, la mia essenza profonda non offuscata dal dolore né alterata dai casi della vita , incorniciata per sempre…

Io, un tutt’uno nell’eterno sguardo sul mondo e le balzane di un cavallo in libertà…1227225976_3da64099c0.jpg


 


 

Figlie senza Padre

Il padre è l’assente inaccettabile.

La nostalgia di un padre sconosciuto, che non ti ha iniziato alla vita, può distruggere la vita di un essere umano.

Non si può raccontare di un vuoto.

La più profonda, tra le funzioni paterne, è proprio quella di aprire al figlio, che è ancora nell’infanzia, “le porte di un altro mondo”, quello della vita adulta.

Si può dare un nome alla solitudine, all’insoddisfazione, elencare gli atteggiamenti che si assumono, le abitudine insane per compensare un’assenza.

Sono figlia a metà.

Sono genitore di me stessa, oramai, dopo essere caduta in ogni buca, aver dato un nome all’emozione, ed esser risalita su dal mio fondo…

Che dire ad un ragazza adolescente, anch’ella senza padre, che dice di avere tutto, ma che in fondo non ha nulla?

Lei è smarrita, non ha certezze, non è sicura di nulla, ha paura di restare sola…

Intimamente crede che se suo padre non l’ha voluta, accettata, cercata, chi mai lo farà?

Eugenio Borgna nel suo ultimo libro L’attesa e la speranza, edito da Feltrinelli descrive della figura del padre, aprendo nella vita umana la prospettiva della speranza. Egli afferma che il padre, oltre ad aver iniziato il processo che ha dato luogo alla vita, è colui che dovrebbe aprire l’esistenza dell’individuo allo slancio verso il futuro, che è appunto il tempo della speranza.

Mentre la figura materna, se tutto è andato bene, è innanzitutto il luogo del passato felice, e della nostalgia.

E’ per questo che la scomparsa del padre porta spesso con sé il richiudersi della prospettiva della speranza, assieme a quella del futuro.

Più in generale, è il rapporto col tempo, la dimensione dinamica della vita, e la sua prospettiva, che l’assenza paterna mette drammaticamente in pericolo.

Spesso oggi i giovani faticano a trovare il gusto dell’impresa e del rischio, dell’entrare nel tempo e, spesso, si rifugiano in una sorta di caldo immobilismo, al riparo della madre, o di una società cui chiedono accudimento materno.

La speranza “senza la quale non si vive”, come lascia intravedere Borgna, si sviluppa comunque nella relazione con un “tu”, con un altro da sé, cui l’adolescente senza padre, che tende a rinchiudersi in una relazione fusionale con la madre, non ha di solito accesso.

E’ proprio questa chiusura che rende la sua situazione così difficile.

Chiunque può essere quel “tu” altro da sé. Quel tu che può aiutare a far uscire chi è smarrito, dal vortice delle sue paure e difficoltà, quel “tu”, di cui il figlio senza padre ha disperatamente bisogno per aprirsi alla speranza nella vita. Quell'”altro”, diverso da sé, che guarda e ascolta con affetto e interesse, senza avvolgere, e rispecchiare i suoi bisogni, come si teme che faccia la madre.

In quanto figura della diversità, e dell’apertura al resto del mondo, un amico, senza tornaconto, può essere d’enorme aiuto alla figlia senza padre, spesso chiusa in un labirinto di specchi.

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Ho dovuto navigare tanto il mare salato dell’ assenza di mio padre.

Un figura che appartiene oggi solo al mio DnA e non combacia con la mia anima.

Ciò che ho imparato in questa vita è sacro, ed è frutto delle mie lacrime, delle unghie che graffiavano cuscini, del dolore inflitto, della voglia di farla finita che è sfumata via da quando ho compreso appieno dell’Immenso valore che ho per me.

Quindi tu che pensi di non farcela, che  senti di essere il nulla, o di non valere niente, sappi che ti stai sbagliando, e che la luce di cui hai bisogno, devi farla uscire fuori, guardando dentro te.

Quando Raccontare è “Incontrare”

Non c’è salvezza che non provenga se non dal pericolo dell’abisso.

 Bruno Quaranta –critico-

Cosa significa essere custodi degli affetti?

è cosa cui si è dato importanza forse un tempo, non oggi.

Qualcosa che mia nonna ricordo tesseva, come fili di seta, e coltivava nel suo cuore, come fosse il suo orto di piante e ortaggi.

Eppure oggi, la maggiorparte delle donne hanno perso quell’eredità di “focolare domestico” e si sentono sempre più sole.

Lamentano assenze ed inquietudine…796959015_edd162c26e_m.jpg

Cosa nascondono sul fondo del cuore?

…da che cosa vogliamo essere salvate?

Nel romanzo, divenuto film “La bestia nel cuore” si parla di sentimenti indicibili, di dolori che ci portiamo dentro e non trovano forma verbale, di sogni che sconvolgono le nostre notti, dell’essere umano sommerso che cerchiamo di evitare per paura.

Si parla della verità, che porta con sé una strada nuova, che s’apre all’improvviso e che non avevamo visto in precedenza.”

Ma chi, se non la “donna”, colei che mette al mondo una vita, che si fa dono gratuito, può salvare l’intera umanità?

Invece accade che…

Siamo affogate nel lavoro, non abbiamo più tempo per gli affetti e fare un figlio è diventato controproducente.

Cosa siamo?

Declinazioni femminili?

Senza figli si perde il senso del passaggio del testimone, delle parole trasmesse da una generazione all’altra.

Un figlio è il frutto del tempo, della storia, che vede continuità in una dimensione più grande del tempo della propria vita… é il più grande atto di generosità che un essere umano possa compiere.

O almeno CREDO…

 Ci son certezze
cieche superbe regalate
che ti danno baldanza
passo deciso e campane a festa.
Ci son certezze raggiunte
che ti curvano le spalle
ti abbassano il capo
e ti frustano il passo
che vorrebbe resistere
alla direzione imposta.>  Loretta Dorblò

*Sarei felice di incontrare e conoscere riflessioni sul tema, voci femminili e non, perché amo confrontarmi. Grazie a chi vorrà rispondermi.


 

Natali a confronto

Qualsiasi lontananza è una distanza.

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Stringono i tempi un’urgenza di affetti.

Dimostrazioni concrete che cerchi con le mani, che afferri con gli occhi, che affondi con la pelle, inglobi nell’anima.
Un pozzo senza fine, cui scopri tardi di essere la fonte.

Ho imparato a sognare sin da piccola, ma era una ricerca spasmodica, un’uscita di sicurezza.

Il bisogno di trovare una via di fuga dalla realtà, troppo grande da reggere.

Ho imparato da adulta, una volta diventata donna, ad essere il contenitore delle mie emozioni.
A volte le emozioni cadono addosso come sorprese poco gradite.
IO genitrice di gioia, condita  magari con granelli di fantasia. 
Io produttrice di “felicità”…

Così, ero etichettata come una bambina con la testa sempre fra le nuvole.

Erano nodi alla gola che non cedevano mai, giudizi inquisitori che non hanno tanto allentato la presa, nonostante il passare degli anni.

Poi, dopo un doloroso ed affannoso travaglio, ho partorito la mia verità, la mia nuova “me” .

I nodi hanno formato nel tempo un agglomerato di autodifesa, una malattia cronica con cui condivido a morsi la mia voglia di vita, quella fatta di discese e ascese, confronti e battaglie, con e senza pi(a)eghe.

Da lontano, restano i segni che scavano senza più lacrime.
Passi di un percorso che mi ha mostrato come prendermi cura della bimba e della donna, d’infondermi, come un balsamo, la protezione che volevo e che ho iniziato a farmi dono.
Fuori da me le paure, i turbamenti che oramai scivolano via, portando con sé anche le ombre.

Solo oggi, a distanza di questo tempo che ha maturato suoi frutti, posso vivere nuovi Natali.

Tanti, invece, sono stati i periodi afoni dall’avvento del “Natale”.

” Se un piatto o un bicchiere cade a terra senti un rumore fragoroso. Lo stesso succede se una finestra che sbatte, se si rompe la gamba di un tavolo o se un quadro si stacca dalla parete.

Ma il cuore, quando si spezza, lo fa in assoluto silenzio.

Data la sua importanza, ti verrebbe da pensare che faccia uno dei rumori più forti del mondo, o persino che produca una sorta di suono cerimonioso, come l’eco di un cembalo o il rintocco di una campana.

Invece è silenzioso, e tu arrivi a desiderare un suono che ti distragga dal dolore.

Se rumore c’è, è interno.
Un urlo che, nessuno all’infuori di te, può sentire. Un boato così forte, che le orecchie rintronano e la testa fa male.

Si dimena nel petto, come un grande squalo bianco intrappolato nel mare; ruggisce come la mamma orsa a cui è stato rapito il cucciolo.

Ecco cosa sembra e che rumore fa.

E’ un’enorme bestia intrappolata che si agita, presa dal panico; e grida come un prigioniero davanti ai propri sentimenti.

Quando si spezza il cuore non fa rumore. Ti ritrovi a urlare dentro e nessuno ti sente.” (Cecilia Ahern)

Da bambini il Natale è il “luogo sicuro” il calore che si inseguirà poi, da adulti, per il resto della vita.

Si insegue quello “stare al sicuro” che spesso i genitori non sanno bene comunicare, al contrario dei nonni, così magicamente empatici.

Questi giorni anticipano la festa, un’atmosfera che profuma di gioia, solo se il cuore è libero da pensieri e vissuti ingombranti.

Il mio cuore è leggero, oggi più che mai, è come un bimbo appena nato che guarda curioso ed assetato di conoscere il nuovo. (libero da spettri dell’esperienze passate).

Ho solo un desiderio da realizzare e costruire insieme alla mia metà: vorrei che la mia vita ed i sogni che annaffio d’amore, impegno e cura, ora che non sono più una via di fuga, bensì, aspirazioni del cuore, continuino ad essere fogli di uno stesso libro. (A. Schopenahuer)

Voglio proprio sfogliarli a caso e sognare….