Non più Dimessa

Una sinfonia…
Una lacrima…
Un ricordo…
I calzari consumati dal terrore, l’immagine  di una donna stropicciata  dalla sofferenza di non poter essere sè stessa, la paura veste tutti allo stesso modo e irrigidisce i volti.
Ogni donna è chiamata a fare festa,ognuna vuole abbandonare per strada quel velo e lasciarlo nel vento di quello che è stato e mai più sarà… Oggi siamo icone di eccellenza e non è più di moda  abbassare lo sguardo. Oggi siamo promotrici della rivoluzione, dell’incalzare ribellione…
Aperte le ali del sogno la forza ci incise l’anima a tempo indeterminato, un impeto che sembra non aver mai sottratto una  così significativa convinzione  dell’essere. Il muro della censura ha cominciato ad incrinarsi,  e la gente ha  aperto gli occhi.  Siamo brave noi a fiutare il vento, a percepire i desideri di libertà d’espressione. Siamo brave noi, a non abbassare quello sguardo, a non essere geisha delle convenzioni, dei pregiudizi, a non arrendere il respiro e cedere la mano. “L’urlo a forza di vita spezza il mare incontestato  dell’indecenza e trova nella pietra del fondamento la grazia dell’affiorare.”

Tra le due sponde del Mediterraneo  c’è un mare d’infomazione che attende che il Mondo sappia… C’è un mondo in movimento, non stiamo alla finestra!
Tra gli orti  degli eventi, donna  tu sei la docile radice tuberosa confitta nella terra,ti vedo come l’ombra del vino nel bicchiere, il sapone che lava questo mondo dall’ ignoto, il miele  che gli ridona dolcezza e misura, nelle stanze mezze chiuse del sapere.

Sei lingua di sutura del riposo dei bambini, un giro in passerella col vestito nuovo , quello che osa e fa parlare di te, senza più alcuna repressione.

Il tuo sguardo progressista colleziona successi per un futuro in vista di sviluppo ed integrazione. Hai liberato i discorsi “razzisti” ,non hai dato tregua alla finta tolleranza, hai impiantato un nuovo credo in una terra. Perchè l’unica sottomissione che l’uomo conosca e conoscerà è quella a DIO!

Quando il peggio accadrà, rammenterò a me stessa che posso e voglio superarlo.

Sono rimasta sbalordita dalla grande forza che ho scoperto in me stessa e nelle persone disperate che ho conosciuto.
Ora so che, per quanto terribili siano i problemi che mi si prospettano,esiste in me una forza inesplicabile e una gioia futura. E, certamente quella stessa forza la possedete anche voi.(Helen Exley)

Messaggio

Parlami di Libertà…
[http://www.youtube.com/watch?v=F0FvG9GO8Qs]
La libertà è fatta di gesti consapevoli, senza secondi fini.
Nasce e vive nella gratuità.

Chi sa essere trasparente e tollerante con sè stesso lo è, allo stesso modo, nei confronti del mondo intero… 

Ascoltiamo la parole di grandi “Anime” che ci hanno  lasciato in eredità, affinchè ogni uomo continui ad esserne un prezioso testimone nella propria vita ed in quella altrui…

“Se tutto questo dolore
non allarga i nostri orizzonti
e non ci rende più umani,
liberandoci dalle piccolezze
e dalle cose superflue
di questa vita,
tutto è stato inutile.” E. Hillesum
“Ad un bambino darei delle ali, ma lascerei che impari a volare da solo.
Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia ma con la dimenticanza.
Tante cose ho imparato da voi, uomini….
Ho imparato che tutti gli uomini vogliono vivere in cima alla montagna, senza sapere che la vera felicità è nella maniera di salire la scarpata..” G. Garcia Marquez

…Così che, ad  ogni sguardo che chiami, uno sguardo risponda, accolga, condivida…

perchè la vita non sia un “illusione”, bensì la celebrazione di Esistere!

Quando Raccontare è “Incontrare”

Non c’è salvezza che non provenga se non dal pericolo dell’abisso.

 Bruno Quaranta –critico-

Cosa significa essere custodi degli affetti?

è cosa cui si è dato importanza forse un tempo, non oggi.

Qualcosa che mia nonna ricordo tesseva, come fili di seta, e coltivava nel suo cuore, come fosse il suo orto di piante e ortaggi.

Eppure oggi, la maggiorparte delle donne hanno perso quell’eredità di “focolare domestico” e si sentono sempre più sole.

Lamentano assenze ed inquietudine…796959015_edd162c26e_m.jpg

Cosa nascondono sul fondo del cuore?

…da che cosa vogliamo essere salvate?

Nel romanzo, divenuto film “La bestia nel cuore” si parla di sentimenti indicibili, di dolori che ci portiamo dentro e non trovano forma verbale, di sogni che sconvolgono le nostre notti, dell’essere umano sommerso che cerchiamo di evitare per paura.

Si parla della verità, che porta con sé una strada nuova, che s’apre all’improvviso e che non avevamo visto in precedenza.”

Ma chi, se non la “donna”, colei che mette al mondo una vita, che si fa dono gratuito, può salvare l’intera umanità?

Invece accade che…

Siamo affogate nel lavoro, non abbiamo più tempo per gli affetti e fare un figlio è diventato controproducente.

Cosa siamo?

Declinazioni femminili?

Senza figli si perde il senso del passaggio del testimone, delle parole trasmesse da una generazione all’altra.

Un figlio è il frutto del tempo, della storia, che vede continuità in una dimensione più grande del tempo della propria vita… é il più grande atto di generosità che un essere umano possa compiere.

O almeno CREDO…

 Ci son certezze
cieche superbe regalate
che ti danno baldanza
passo deciso e campane a festa.
Ci son certezze raggiunte
che ti curvano le spalle
ti abbassano il capo
e ti frustano il passo
che vorrebbe resistere
alla direzione imposta.>  Loretta Dorblò

*Sarei felice di incontrare e conoscere riflessioni sul tema, voci femminili e non, perché amo confrontarmi. Grazie a chi vorrà rispondermi.


 

Cittadini del Mondo

‘Se ognuno di noi guardasse nel proprio cuore, se fossimo tutti cittadini del mondo, e non ci fermassimo al volere del nostro ego, ma avessimo una veduta cosmopolita, il mondo sarebbe un posto migliore dove vivere,scrive un blogger Jhonny Ramone

Cresce di giorno in giorno l’insofferenza per le disuguaglianze.

La società, infatti, ha le fondamenta scosse, vengono a mancare le certezze essenziali, come essere “esempio ” per i giovani?

Vacillanti e sfiduciati, si RINUNCIA sempre più a quel compito /dovere di educare le nuove generazioni ai valori solidi e “regole di vita”.

In questo circolo vizioso, dove sembra essere morto il SENSO COMUNE, la solidarietà, il rispetto delle opinioni/credo altrui, come invertire il senso di marcia e creare un circolo virtuoso?

Come non interrogarsi se, restare e continuare a credere nei propri valori, cercando di impiantarli nei figli, oppure andare altrove?

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Impiantare qui i semi di una robusta coscienza ecologica e sociale, scevra di ogni egoismo e di ogni pigrizia, qui dove le cattive abitudini sono ancoraggi e metodologie quotidiane dure a morire, poiché attaccate dal virus della poca volontà e scarsità d’impegno, forse, è una “mission impossible”.

Far morire la mentalità del “camorrista” nei figli di camorristi, che hanno respirato ed impresso nel dna, la trama fitta di scene, vissuti, che condizionano per sempre la loro vita, ereditando lo scettro di arroganza e supremazia su gli altri, trasferendo loro la percezione di comando/violenza sul prossimo.

Come, cambiare un “imprinting” è impresa ardua…

Come capovolgere questa realtà, è forse, utopia, sogni dove respiriamo boccate di speranza…

Oltre il confine dell’inciviltà ed invivibilità cui assistiamo in questi ultimi tempi, cui io sono solo una delle tanti testimoni è facile ed immediato immaginare, fuggire in un’altra dimensione.

“Parti se vuoi un futuro” ! sembra essere un imperativo, non una scelta.

Così anche Federica Bianchi, giornalista dell’espresso, esprime in un post del suo blog:

“Il nostro Paese non è più in grado di offrire un futuro migliore alla maggioranza dei suoi cittadini. I salari sono infinitamente bassi a fronte di servizi insufficienti.

Il posto fisso tanto sostenuto dai sindacati imbriglia le carriere di troppa gente, privilegiando anzianità e gerarchia alla bravura.

Niente di nuovo.

Ciò che è nuovo è la diffusione del fenomeno che ha raggiunto dimensioni tali da paralizzare il Paese.

Se avete meno di trent’anni, partite all’estero!

In molti paesi, dall’America, alla Cina, passando per il Nord Europa e perfino l’Africa, ci sono molte più opportunità.

Cosa vi sta dando l’Italia che valga tanto la pena di restare?

Qualcuno può rispondermi?

Il posto fisso italiano, da sinonimo di felicità è diventato sinonimo di frustrazione.

Non cadete nella trappola.

Sacrificare i propri ideali quattro euro -perché in Italia, al di fuori delle caste, sono davvero quattro – non vale una vita.

Ma Internet offre una finestra meravigliosa su un mondo dove c’è ancora posto per chi ha qualità e ambizione.

E capi con il coraggio di valorizzarle.”

Io vorrei avere la forza ed il coraggio di voltare pagina, di restare in questa melma di sabbie mobili degli orrori, e piantare piantagioni di giustizia, onestà, solidarietà, speranza. Voglio “essere goccia nell’oceano del mare della vita possibile  e della condivisione”  non mi curar di loro e  continuare a nuotare controcorrente, alla ricerca di altre gocce…come diceva Beata Madre Teresa

Vorrei che i giovani imparassero da questo presente,ad essere quello che (non) vogliono essere, magari proprio dalle brutture dei loro genitori/professori/amici, dai torti subìti,affinché ognuno diventi la luce, il cambiamento che vuole vedere accadere nel mondo.

L’accudimento

E’ la vita a dare un posto alle cose.

Quando sembra che non ce ne sia uno per sè, guardarsi attorno aiuta.

Le storie, anche poche storie incrociate senza averle cercate, parlano di questo: di come ci sia un posto per tutto, a saperglielo dare.

Un posto anche per l’assenza.

Di quante ombre sia pieno l’amore perfetto, e di quante risorse inattese.

Di quanti modi esistano per accogliere quello che viene, quello che c’è. E’ una forma di accudimento.

Tanti modi di accogliere dentro sè, così diversi, tutti senza colpa, alla fine, i modi che ciascuno trova perfetti per sè…

C’è un sentire privato e uno collettivo – luci e ombre dell’amore perfetto- c’è la vita com ‘è e po c’è la sua rappresentazione corale, pubblica e condivisa, che non coincidono quasi mai…

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Le storie che sentiamo al telegiornale, gli articoli sulla carta stampata, le leggi, la scienza, i dibattiti su fatti di cronaca che fanno ancora più rumore, amplificano incognite, ombre ingigantite dentro il proprio sentire…

Cosa sia accettabile e legittimo, cosa sia “normale” e cosa no…

Cosa sia davvero contro natura è un altro tribunale a decidere.

Dalle donne passa la vita, sempre! 

“Raccontare la vita di tutti”

“La vita è un rischio che non si può fare a meno di correre. Per tutta la vita, Ho sempre sognato di fare il giornalista, lo scrissi anche in un tema alle medie: lo immaginavo come un “vendicatore” capace di riparare torti e ingiustizie […] ero convinto che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo” Enzo Biagi

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Con lui se n’è andato un pezzo d’Italia, Lui che è stato così vicino al popolo, così rivelatore fedele di verità multisfaccettate, anche quelle più scomode e pungenti.

Oggi scompare la  “Voce di libertà”per eccellenza. Testimone di Giustizia, faro di libertà ed onestà:  i più cari valori di cui amava parlare, scrivere, esserne  esempio per gente.

Come potremo non ricordati così…Come potremo dimenticare la tua vita spesa a raccontare “la vita”,il tuo coraggio di descriverla colorandola di note ironiche, il tuo sconfinato e radicato rispetto per la verità, la tua difesa ad ogni costo della libertà di espressione…

Avevo 13 anni, ed il solo osservarti mi ha illuminato!Io ti ringrazio, tra milioni di italiani, che come me hanno visto in te, nella passione per il tuo lavoro, il senso della propria vita.

Quanti riprenderanno le tue parole, che useranno come fiaccole per portare alla luce, sempre, le verità della gente. Speriamo che sarai ispiratore, di chi non zittisce la coscienza,e “Cercherà di raccontare che cosa manca agli italiani e di che cosa ha bisogno la gente”. Che sarà capace di “Una certa Resistenza. C’ è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi.”

Oggi che voli lontano dalla tua carta stampata, per scrivere nel cielo, voglio regalarti la mia promessa di giovane cronista. Nel mio piccolo, seguirò le tue orme di “giornalista scomodo”, quel mestiere che, come dicevi tu, più ci tiene compagnia. Racconterò, urlando, se fosse necessario, la  verità in nome di quella libertà che, come la poesia, non ha aggettivi, che è libertà e basta. Con immensa ed  eterna gratitudine… 

Una giornalista di provincia

Urlate “Free Burma”!

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 Da Londra a Sydney e Seul la gente è in piazza per sostenere i dissidenti del regime militare.

Il corriere della sera, conferma la notizia che sta facendo il giro del mondo: in Birmania Internet viene oscurato dal regime, nel resto del mondo siti e blog si tingono di rosso in segno di solidarietà al popolo birmano.
I militari cercano con ogni mezzo di impedire che le notizie su quanto sta accadendo escano dal Paese: all’avvio delle proteste hanno iniziato a negare ai giornalisti stranieri il visto d’ingresso, a interrompere i collegamenti dei cellulari dei maggiori attivisti democratici e a oscurare molti blog dove i cittadini rivelavano al mondo quello che stava succedendo.
Anche a Giakarta ,  è iniziata la grande marcia di solidarietà per monaci del Myanmar.Blogosfere invita la Rete e i blog ad unirsi per fermare azioni estreme e violente nei confronti della popolazione civile e dei reporter, che hanno il diritto di fare informazione senza mettere in gioco la propria vita. Attraverso un gesto simbolico, si potrà manifestare solidarietà nei confronti di una popolazione vessata da una dittatura fortemente repressiva in cui interessi economici e politici hanno il sopravvento sui diritti umani. Indossa una maglietta rossa, o del nastro rosso che segnala l’ interesse per gli altri e l’ amore per la libertà.  Oggi indossiamo la solidarietà alla protesta pacifica e  mostriamo indignazione per la violenza! Mettiamo sul nostro blog un immagine-simbolo, che dichiara il nostro impegno e la nostra partecipazione al meme che incollo (integralmente come da istruzioni) qui sotto.  

 

Fatelo anche voi! 

Help the People of Burma (Birmania)banner-birmania.jpg

ecco la Realtàhttp://www.flickr.com/photos/naingankyatha/

Una Via D’Uscita…Israeliani e Palestinesi verso “Ahimsa”

Frustrati da decenni di soprusi ininterrotti, nati e cresciuti nello stesso ribollire di una spirale infinita di violenza, i palestinesi hanno iniziato ad assumere comportamenti “non violenti”.

Il credo di Mahatma Gandhi che ha dato libertà al popolo dell’India(…”il mio ottimismo si fonda sulla mia convinzione che ogni individuo ha infinite possibilità di sviluppare la nonviolenza.

Più l’individuo la sviluppa, più essa si diffonderà come un contagio che a poco a poco contaminerà tutto il mondo…”) forse metterà  una bandiera bianca fra i due popoli, abbatterà quel muro per costruire fondamenta di concordia.  “La non-violenza e’ una strada stretta e in salita, ma e’ l’unica che dopo anni di lotta prevalentemente militare ancora ottiene qualche piccolo risultato.

Su questo tutti noi dobbiamo cominciare a lavorare.” Così ha dichiarato nell’ultima conferenza sulla pace Ettore Acocella(Associazione per la Pace Coordinamento per una presenza civile di pace in Palestina ed Israele).
“Finché un palestinese lancerà un solo sasso, gli israeliani potranno sempre sostenere di mettere in atto la repressione in difesa e a salvaguardia della propria sicurezza.”

Ma nel momento in cui i palestinesi perseguono i loro diritti attraverso la strada della non-violenza, verrebbero a togliere agli israeliani la scusa stessa per trattarli come li stanno trattando ormai da decenni: prigionieri in casa propria.

E’ quello che è accaduto in un piccolo ma significativo episodio, l’altro giorno, sulla strada di Betlemme…
Quando un gruppetto di 10 palestinesi, invece di prendere di mira come al solito i soldati di guardia ai posti di blocco, ha rimosso il grande masso che bloccava le comunicazioni con il villaggio vicino, per poi mettersi in pacifica attesa di un bulldozer israeliano, che sarebbe certamente venuto per rimetterlo a posto.
Con loro grande sorpresa, i palestinesi si sono ritrovati al loro fianco un attivista israeliano, che nella premessa della non-violenza ha difeso volentieri i loro diritti, schierandosi apertamente accanto a loro.”

Scrive il giornalista Massimo Mazzucco


La risoluzione alla questione fra Palestina ed Israele può  avvenire solo dall’interno di Israele stesso, nel giorno in cui i sostenitori del diritto palestinese alla loro terra, riuscissero in qualche modo, a contrapporre la propria filosofia a quella fondamentalista e repressiva, finora dominante.

L’episodio di Betlemme diventa ancora più significativo in luce di una recente risoluzione della Corte Suprema israeliana, che ha imposto la rimozione di 18 chilometri del famoso “muro”, attorno al villaggio di Bilin (West Bank, a nord-est di Gerusalemme), in quanto “il transito dei palestinesi in quella zona non avrebbe rappresentato un rischio immediato per la sicurezza nazionale”.

Bil’in e’ una strada, anzi due.Una strada e’ quella attorno alla quale si snodano le case del villaggio, l’altra, poco più a valle e’ il tracciato del muro, con le sue torrette di osservazione, il recinto ettrificato, la fascia di sicurezza sui due lati e pocooltre l’insediamento in espansione. Bil’in e’ un paese, anzi due.  

Il piccolo paese che vive di agricoltura e pastorizia fino a pochi anni fa garantiva ai suoi abitanti un relativo benessere economico, determinato anche dalla vicinanza con Ramallah, grosso centro urbano dove vendere i prodotti; e poco più ad ovest, oltre il muro un’altro paese, Modi’in Illit con i suoi palazzoni bianchi in costruzione, piscine e giardinetti. Un paese abitato da gente diversa, per lingua cultura e religione, un paese abitato da ladri di terre e di risorse. Bil’in e’ un simbolo, anzi due.

E’ il simbolo di una resistenza diversa, non-violenta ma determinata, me e’ anche il simbolo di un potere occupante arrogante, che procede sulla strada dell’esproprio e delle violazioni del diritto internazionale, ignorando le proteste e le legittime richieste degli abitanti di quelle terre, e’ triste constatare come il muro a Bil’in e’ andato avanti nonostante questi due anni di manifestazioni.

Bil’in e’ un popolo in lotta, anzi due con gli israeliani, anzi tre se contiamo anche le centinaia di internazionali che in questi anni hanno partecipato alle manifestazioni. Una lotta che non nasce da indicazioni politiche arrivate dall’alto o da gruppi di potere più o meno religiosi che usano la lotta dei palestinesi in modo strumentale ai propri fini, e’ una lotta spontanea che nasce dalle esigenze primarie di una comunità: difendere la propria terra, spesso unica fonte di sostentamento.

Bil’in e’ una manifestazione, anzi sono le cento manifestazioni di questi due anni. Così, mostrando di perseguire i propri diritti senza ricorrere alla violenza, i palestinesi tolgono ad Israele la ragione stessa – o la scusa – per mantenerli in un vero e proprio stato di cattività, non lontano da quello delle bestie.

In fondo, con questo metodo, Gandhi è riuscito a liberare una intera nazione, grande 100 volte la Palestina stessa. E gli inglesi di allora non erano certo più teneri degli israeliani di oggi.”

In fondo quanti tentativi sono stati invani fino ad oggi? 

Tatbya in arabo significa “normalizzazione“. Un concetto che e’ diventato comune nelle due società dopo gli accordi di Oslo e che ha caratterizzato tutte le azioni congiunte degli anni novanta, azioni volte a normalizzare i rapporti tra i due popoli, mentre la situazione sul territorio andava tutt’altro che normalizzandosi.

Questo rende sospetto agli occhi dei palestinesi questo tipo di iniziative, molti di loro, memori degli anni passati le vedono come fumo negli occhi, mentre intanto continuano gli scontri, come gli arresti, le incursioni militari, lo strangolamento economico etc etc.

Ciò nonostante, queste iniziative sono l’unico modo per combattere la strategia (israeliana ma anche di una minoranza fondamentalista della società palestinese) di separazione dei due popoli, una strategia cominciata dopo Oslo e che continua tutt’ora, di cui il muro e’ solo l’aspetto più evidente.

Per noi occidentali, non-violenza significa anche capacita’ di discernimento, significa riuscire a distinguere, ad evidenziare le differenze riuscendo  ed imparando a conviverci.

D’altronde non tutti gli israeliani sono responsabili delle azioni del proprio governo, conosciamo ed apprezziamo molti israeliani che da anni si battono per rendere giustizia ai palestinesi, spesso pagando un prezzo molto alto in termini di isolamento ed emarginazione all’interno della propria comunità, rischiando anche la galera. (come Jeff Halper,  israeliano di origini americane, e’ stato il fondatore dell’ ICHAD -comitato israeliano contro la demolizione delle case palestinesi).

Ma noi non viviamo in campo profughi, non vediamo ogni sera le jeep dell’esercito entrare in città ad arrestare o uccidere qualcuno dei nostri figli o dei nostri amici, noi non impieghiamo ore per raggiungere la nostra scuola o il nostro posto di lavoro che dista pochi chilometri da casa.

Perché…“non c’è liberazione per alcuno su questa terra, né per tutta la gente di questa terra, se non attraverso la verità e la nonviolenza, in ogni cammino della vita, senza eccezione”. (M.K.Gandhi, La forza della Verità, vol.1, Sonda, Torino, 1991, p.78)

  Approfondimenti: http://www.reteccp.org/convegni/forumpage.html