Non più Dimessa

Una sinfonia…
Una lacrima…
Un ricordo…
I calzari consumati dal terrore, l’immagine  di una donna stropicciata  dalla sofferenza di non poter essere sè stessa, la paura veste tutti allo stesso modo e irrigidisce i volti.
Ogni donna è chiamata a fare festa,ognuna vuole abbandonare per strada quel velo e lasciarlo nel vento di quello che è stato e mai più sarà… Oggi siamo icone di eccellenza e non è più di moda  abbassare lo sguardo. Oggi siamo promotrici della rivoluzione, dell’incalzare ribellione…
Aperte le ali del sogno la forza ci incise l’anima a tempo indeterminato, un impeto che sembra non aver mai sottratto una  così significativa convinzione  dell’essere. Il muro della censura ha cominciato ad incrinarsi,  e la gente ha  aperto gli occhi.  Siamo brave noi a fiutare il vento, a percepire i desideri di libertà d’espressione. Siamo brave noi, a non abbassare quello sguardo, a non essere geisha delle convenzioni, dei pregiudizi, a non arrendere il respiro e cedere la mano. “L’urlo a forza di vita spezza il mare incontestato  dell’indecenza e trova nella pietra del fondamento la grazia dell’affiorare.”

Tra le due sponde del Mediterraneo  c’è un mare d’infomazione che attende che il Mondo sappia… C’è un mondo in movimento, non stiamo alla finestra!
Tra gli orti  degli eventi, donna  tu sei la docile radice tuberosa confitta nella terra,ti vedo come l’ombra del vino nel bicchiere, il sapone che lava questo mondo dall’ ignoto, il miele  che gli ridona dolcezza e misura, nelle stanze mezze chiuse del sapere.

Sei lingua di sutura del riposo dei bambini, un giro in passerella col vestito nuovo , quello che osa e fa parlare di te, senza più alcuna repressione.

Il tuo sguardo progressista colleziona successi per un futuro in vista di sviluppo ed integrazione. Hai liberato i discorsi “razzisti” ,non hai dato tregua alla finta tolleranza, hai impiantato un nuovo credo in una terra. Perchè l’unica sottomissione che l’uomo conosca e conoscerà è quella a DIO!

Quando il peggio accadrà, rammenterò a me stessa che posso e voglio superarlo.

Sono rimasta sbalordita dalla grande forza che ho scoperto in me stessa e nelle persone disperate che ho conosciuto.
Ora so che, per quanto terribili siano i problemi che mi si prospettano,esiste in me una forza inesplicabile e una gioia futura. E, certamente quella stessa forza la possedete anche voi.(Helen Exley)

Diventare Adulti…

La mia generazione, una volta compreso che doveva battersi contro le forme dell’autoritarismo, si è dimenticata, quando è diventata adulta (genitore, padre, madre, ecc)di essere autorevole.
Credo che l’intelligenza di un genitore si verifichi proprio in questa capacità di amare ciò che si allontana da te. Quando un genitore ama il controllo dei propri figli ama il suo egoismo. P Crepet

Giornata tipo di un adolescente:
Ore 7,15. A volte non riconosco il luogo in cui mi risveglio, a volte mi è troppo familiare.

Ore 7,20. In bagno avviene il primo impatto con lo specchio. Il mio volto, la mia figura, la mia immagine esteriore mi osserva attraverso quella lastra e sembra vedere nei luoghi più remoti di me stessa, mentre io ancora li conosco ben poco. Quell’immagine che mi guarda sono io. Ma cosa significa? Cosa? O meglio chi so io, chi è quella? Anche gli altri mi vedono così?

ore 8,10. Arrivo nel cortile di questo grande edificio chiamato “Scuola”. È qui che imparo a porre le basi della mia visione del mondo adulto, in cui adesso mi affaccio soltanto, ma in cui tra pochi anni dovrò entrare, é qui che mi distinguo, in mezzo a qualcosa che non mi appartiene ancora, ma verso cui mi sto dirigendo, che mi rifugio, trovando tanti elementi che mi accomunano agli altri, in questo percorso da seguire.
Giornata “tipo” di un adolescente:

Ore 8,20. In questo momento provo quella sensazione di oppressione che sentirò ancora molte volte nel corso della mattinata. Mi opprime l’idea che questa non sia una libera esperienza costruttiva, ma l’espressione di uno schema rappresentativo della società adulta. Questo comunque è il luogo dove dovrei formare la mia coscienza critica ed è perciò teatro dei miei cambiamenti quotidiani.

Ore 13,50. Uscendo dal portone, il cielo. Di nuovo me stessa per un po’. La caratteristica di comprendere noi, un lato bambino ed un lato maturo, ci distingue in un mondo di adulti a cui siamo destinati e ci porta a chiedere: “Chi siamo? Che ruolo abbiamo?”. Avvicinandoci a definire la forma della nostra sostanza, ci chiediamo, senza conoscere risposta, la nostra reale identità.
P. Crepet psicologo psicoterapeuta in diaologo con i giovani afferma:

 “In ogni minuto della vostra vita si verificano eventi, una sequenza continua di”fatti”, sono eventi che trovano tempo e luogo non solo nell’adolescenza umana, anche se, in seguito, lungo la vita adulta il ritmo degli accadimenti personali può tendere a rallentarsi con il tempo.

Quei fatti devono verificarsi, poiché si può crescere solo attraverso delle continue crisi, mai in un senso puramente lineare. Si cresce tramite delle esplosioni, nonché tramite dei tonfi, poi attraverso delle gioie immense, poi con degli enormi dolori.

Nella vita, la maturità si può raggiungere solo attraverso un percorso straordinariamente avventuroso. È lì tutto il bello della vita!

Noi siamo, fondamentalmente, ciò che abbiamo appreso. Abbiamo appreso qualcosa dalla mamma, abbiamo appreso qualcosa dal papà, abbiamo appreso dalla nonna, dalla zia, dal cugino, dall’ambiente, dal bar, dalla scuola, dai professori e dal loro sadismo. Per capire veramente chi siamo dovremmo compiere diverse manovre. Una di queste manovre potrebbe essere quella di tornare indietro nel tempo. Ad esempio: tornare indietro con la memoria al ricordo di una fotografia di una famiglia che non esiste più. Per capire chi siamo, dovremmo capire chi sono stati i nostri nonni, non ci basta comprendere l’identità dei nostri genitori. I genitori equivalgono a dei fatti di vita troppo freschi, possono riportarci, al limite, alla nostra quotidianità, non alla nostra storia.

La nostra storia corrisponde ai nostri nonni, ai nostri bisnonni.
Solo quando ci incontriamo con questi aspetti delle nostre origini possiamo capire veramente chi siamo.
La seconda cosa dovrebbe essere un’opera di spoliazione da una serie di cose, di aspetti, che ci sono stati messi addosso, come dei “cappotti”. Bisognerebbe fare come disse Michelangelo Buonarroti quando scolpiva le sue opere egli affermava di togliere solo del marmo, un po’ di materia, mostrando a tutti quel che si trovava dentro quel pezzo di marmo.
Questa è la più bella, credo, descrizione dell’identità personale. L’identità personale è ciò che si libera dall’interno di ognuno di noi, dopo che siamo riusciti a toglierci di dosso ciò che è inutile, fatuo, il preconcetto.

Dobbiamo liberarci da ciò che ci è stato messo addosso, che sono sempre le cose che vorrebbero gli altri per noi, non sono mai le cose che noi vogliamo per noi stessi.
Penso che voi siate stati cresciuti con l’idea che sia necessario eliminare il dolore dalla vostra vita. Voi giovani siete, perlopiù, passati attraverso una pedagogia della falsa felicità, non una vera pedagogia della vita, bensì una specie di fiction, una cosa da telefilm, da soap opera. Tant’è vero che i dolori, la morte, li avete sempre capiti ed interpretati come pura fiction, come eventi da romanzo.
Al contrario: il dolore è quotidianità. Il dolore fa parte della vita, non é una parte malata della vita, non sono macchie che dovremmo togliere dalla camicia, come se fossero qualcosa di ingombrante. È lo spettacolo della tragicità della vita. I Greci andavano al teatro ad assistere allo spettacolo della tragicità. La tragicità è qualcosa che non possiamo spalmare come la marmellata sul pane. La dobbiamo vivere. Vivere vuol dire prendersi cura anche del dolore che portiamo dentro di noi.

Se io crescessi con un’idea del dolore in stretta relazione della mia idea della vita, allora potrei conoscermi di più e avere meno paura della morte.
Il fatto è che il dolore è nella vita. In realtà, che cos’è la morte?

 È un’emozione. Il confrontarsi con la morte è un’emozione straordinaria, enorme.
Quante volte mi è toccato di sentire da genitori: “Sa, l’altro giorno è morto il nonno. Non l’abbiamo mica portato mio figlio. È troppo piccolo, sarebbe stata un’emozione troppo grossa”. Pensate che sacrilegio. Avete tolto a quel bambino per sempre un’esperienza straordinaria, che è quella di dire: “È morto?! E ora dove se ne andrà? Dove si va a finire dopo? Con chi andrò a comprare le paste? Qual è la vita che mi rimane? Cosa mi ha lasciato?” Mi spiego? Questo è il senso della vita, non è un puro parlare della morte. È dare, al contrario, un senso alla vita che rimane.
Quindi  anche il trauma della morte può avere un aspetto positivo?

 Il trauma possiede sempre un aspetto positivo, poiché la vita è al lordo di tutto. È inutile che stiamo lì a togliere una cosa o un’altra.
chi è che ha il diritto, se esiste mai questo diritto, di cancellare dalla memoria di un uomo quell’esperienza? Guai, se qualcuno di noi disponendo di una neurochimica avanzatissima o di strumenti speciali per poter cancellare quella memoria volesse farlo!
Ciò vorrebbe dire uccidere l’umanità stessa. L’umanità é fatta anche della memoria di un dolore, della memoria della nostra cattiveria, del limite stesso dell’umanità. Questa è parte della nostra vita!!!
Il dolore non corrisponde mai solo ad una pura perdita? Può essere una perdita e un’acquisizione. Questa è la cosa importante da tenere in considerazione…

…La lezione più importante che l’uomo possa imparare in vita sua non è che nel mondo esiste il dolore, ma che dipende da noi trarne profitto, che ci è consentito trasformarlo in gioia… R Tagore
 Come influisce il rapporto tra genitori e figli sulla crescita personale:
Le scelte dei genitori possono influenzare la crescita dei figli,spesso i figli fanno proprio il contrario di ciò che i genitori hanno deciso per loro.
Ma in che misura l’irruenza dei genitori può influire sulla vita futura del ragazzo?
I genitori non sono tutti dei buoni genitori. Alcuni sono positivi, non creano vuoti. La droga,ad esempio, è ciò che si usa per riempire un vuoto. Tant’è vero che si chiama ‘buco”. Metaforicamente parlando il “buco” è un vuoto, e ci metti dentro l’eroina per riempirlo. Il giovane tossicodipendente si illude che quel vuoto possa riempire, mentre quel vuoto è un vuoto di affetto, di emozioni, di coccole.
Un libro molto carino che è “Enciclopedia dell’adolescenza”, edito da Einaudi, il cui brano che vorrei proporvi è Complicità dice:

“Guardo dalla finestra dello studio di mio papà. C’è il vento, gli alberi si scatenano. Guardo i suoi libri, le sue notazioni prese su bigliettini sparsi sulla scrivania. C’è anche una frase in latino con la traduzione: “Tanta è l’arte che l’arte non si vede”. Io da grande vorrei essere come lui, come il mio papà, perché ammiro la sua fede in quello che fa. Lui ama la letteratura, l’arte, lui ha degli occhi blu pazzeschi, sempre in cerca di cose nuove, di piccoli particolari che gli arricchiscono lo spirito. Tra me e lui c’è una bella intesa, forse perché quando ero piccola siamo stati molto insieme e insieme inventavamo dei giochi che solo noi due conoscevamo. Poi sono cresciuta. Sono cresciuta e i nostri giochi, senza che ce ne siamo accorti, lentamente sparivano nelle nostre vite.”

Questo è un passo bellissimo, sul significato di essere un padre, la necessità di essere così. Questa complicità può creare un pieno, non un vuoto. Poi nella vita farai quello che ti pare, ma avrai questo pieno dentro. Farai l’artista, farai quello che vorrai. Potrebbe darsi anche che quella voglia di essere come tuo padre possa mutare nella vita, diventando un’altra cosa. Ma avrai sempre questo grande pieno dentro.
Questa è una cosa stupenda. Questa complicità la cerchi negli altri. Se ti hanno insegnato il segreto delle emozioni, poi le cerchi nella vita. Non ti accontenti di una roba mediocre, di un giovanotto qualsiasi, vuoi il grande amore. E non hai paura di perderlo perché sai che ne potrai trovare altri. Questo è eccezionale.
Quanti papà sono così? Quelli che arrivano alle dieci e mezza la sera, stanchi, bolsi, arrivano lì, si mettono davanti alla televisione, non ascoltano niente. Quello cos’è? È un padre quello lì? È uno spermatozoo, cresciuto e basta. Che rapporto puoi avere con un padre così? Nessuno. Non é emozionante un padre così, é un produttore di vuoti.Ci sono dei genitori che riescono a fare in un week-end quello che non hanno fatto nei cinque giorni precedenti. Ma almeno un week-end ci deve essere. Quest’idea che il padre sia una figurina, da mettere come un poster, questa è un’idea che funziona quando tutto va bene, ma poi, quando hai un problema davvero, non hai più bisogno di una figurina e non hai più bisogno di venti minuti a cena. Hai bisogno di qualche cosa. E allora un padre lo deve capire. Non quando glielo chiedi tu, lo deve capire prima che tu lo chieda, questa è la nostra sensibilità di adulti.

“Regala ai bambini radici profonde, da grandi avranno le ali.” R.Tagore

 leggi qui l’intervista completa http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=183

Vite allo sbaraglio

‘Se ognuno di noi guardasse nel proprio cuore, se fossimo tutti cittadini del mondo, e non ci fermassimo al volere del nostro ego, ma avessimo una veduta cosmopolita, il mondo sarebbe un posto migliore dove vivere,” scrive Jhonny Ramone -blogger

Cresce di giorno in giorno l’insofferenza per le disuguaglianze.

La società, infatti, ha le fondamenta scosse, vengono a mancare le certezze essenziali, come essere “esempio ” per i giovani?

Vacillanti e sfiduciati, si RINUNCIA sempre più a quel compito /dovere di educare le nuove generazioni ai valori solidi e “regole di vita”.

In questo circolo vizioso, dove sembra essere morto il SENSO COMUNE, la solidarietà, il rispetto delle opinioni/credo altrui, come invertire il senso di marcia e creare un circolo virtuoso?

Come non interrogarsi se, restare e continuare a credere nei propri valori, cercando di impiantarli nei figli, oppure andare altrove?

Impiantare qui i semi di una robusta coscienza ecologica e sociale, scevra di ogni egoismo e di ogni pigrizia, qui dove le cattive abitudini sono ancoraggi e metodologie quotidiane dure a morire, poiché attaccate dal virus della poca volontà e scarsità d’impegno, forse, è una “mission impossible”.

Far morire la mentalità del “camorrista” nei figli di camorristi, che hanno respirato ed impresso nel dna, la trama fitta di scene, vissuti, che condizionano per sempre la loro vita, ereditando lo scettro di arroganza e supremazia su gli altri, trasferendo loro la percezione di comando/violenza sul prossimo.

Come, cambiare un “imprinting” è impresa ardua…

Come capovolgere questa realtà, è forse, utopia, sogni dove respiriamo boccate di speranza…

Oltre il confine dell’inciviltà ed invivibilità cui assistiamo in questi ultimi tempi, cui io sono solo una delle tanti testimoni è facile ed immediato immaginare, fuggire in un’altra dimensione.

“Parti se vuoi un futuro” ! sembra essere un imperativo, non una scelta.

Così anche Federica Bianchi, giornalista dell’espresso, esprime in un post del suo blog:

“Il nostro Paese non è più in grado di offrire un futuro migliore alla maggioranza dei suoi cittadini. I salari sono infinitamente bassi a fronte di servizi insufficienti.

Il posto fisso tanto sostenuto dai sindacati imbriglia le carriere di troppa gente, privilegiando anzianità e gerarchia alla bravura.

Niente di nuovo.

Ciò che è nuovo è la diffusione del fenomeno che ha raggiunto dimensioni tali da paralizzare il Paese.

Se avete meno di trent’anni, partite all’estero!

In molti paesi, dall’America, alla Cina, passando per il Nord Europa e perfino l’Africa, ci sono molte più opportunità.

Cosa vi sta dando l’Italia che valga tanto la pena di restare?

Qualcuno può rispondermi?

Il posto fisso italiano, da sinonimo di felicità è diventato sinonimo di frustrazione.

Non cadete nella trappola.

Sacrificare i propri ideali quattro euro -perché in Italia, al di fuori delle caste, sono davvero quattro – non vale una vita.

Ma Internet offre una finestra meravigliosa su un mondo dove c’è ancora posto per chi ha qualità e ambizione.

E capi  con il coraggio di valorizzarle.”

Io vorrei avere la forza ed il coraggio di voltare pagina, di restare in questa melma di sabbie mobili degli orrori, e piantare piantagioni di giustizia, onestà, solidarietà, speranza. Voglio “essere goccia nell’oceano del mare della vita possibile e della condivisione” non mi curar di loro e continuare a nuotare controcorrente, alla ricerca di altre gocce…come diceva Beata Madre Teresa

Io Vorrei che i giovani imparassero da questo presente,ad essere quello che (non) vogliono essere, magari proprio dalle brutture dei loro genitori/professori/amici, dai torti subìti,affinché ognuno diventi la luce, il cambiamento che vuole vedere accadere nel mondo.

Solo una grande rivoluzione interiore può cambiare le cose, visto che tutte le rivoluzioni non hanno cambiato un granchè
Tiziano terzani.

Se vuoi cambiare il mondo

To understand the heart and mind of a person, look not at what he has already achieved, but at what he aspires to do“- kahil Gibran
Credo che nel mondo ci sia poco spazio per le aspirazioni. La pratica, le abitudini ed il dovere strozzano le sottili vie degli intenti. Non ho mai pensato di essere in grado di “insegnare”, ed ho sempre rifiutato l’idea di sceglierlo come mestiere. Ma la mia coscienza bolle, brucia la carne della “mia” verità in pentola, e non può tacere.
Nei giorni scorsi ho scritto un post dove ho già esposto il mio punto di vista sulla pedagogia e la cultura dell’apparire. Spesso alla luce degli eventi cui veniamo messi a conoscenza grazie ai media, siamo testimoni di una realtà adolescenziale sconvolgente, di eventi legati alla vita scolastica cui non sappiamo dare spiegazioni e soluzioni, dove inevitabilmente salgono sul banco dell’inquisizione professori (genitori)i ed alunni.

L’alternativa è quella che Alain Touraine, sociologo francese, attualmente ricercatore, parla di un passaggio ad una “Scuola del Soggetto“.

Una scuola che non si preoccupi di adattarsi a ciò che la società si attende da essa ma, al contrario, indirizzata verso un’educazione capace di facilitare lo sviluppo integrale e armonico di tutte le potenzialità individuali ( conoscere ideali, ambizioni, desideri di ciascun alunno)e di potenziare una vera democrazia interna tra i vari soggetti.

Scrive Touraine: “Bisogna rinunciare a un’istruzione-per-le-società.

Invece di strappare il ragazzo a una parte di se stesso, quella più intima, per trasformarlo in un essere civilizzato, ossia ricostruito in conformità alle categorie predominanti nella società, occorre ricomporre la sua personalità che tende a essere scissa…”

Nella cultura – nella scuola – si entra, così, con una propria storia e la si costruisce nell’incontro/scontro con la storia degli altri che la abita.

Se ciò accadesse, si vedrebbe l’ integrazione tramite il relazionarsi di professori e alunni, in un contesto di “racconto di sé”.

Una finestra si aprirebbe dal quel mondo interiore, fatto di dubbi, ombre perplessità che sarebbero messi in luce attraverso un diario, un taccuino di viaggio, dove coinvolgere anche la presenza dei genitori.

Un viaggio volto alla scoperta delle differenze e delle analogie che comprende il tema del sé e dei luoghi:

Professori e alunni sarebbero i pennelli di un unico dipinto. Un’opera che metterebbe in luce il ritratto di ogni singolo: com’ero ieri, come sono oggi, i gusti, gli oggetti personali (foto, disegni, oggetti di casa, impronte della mano, ecc..). Ed ancora,le sculture familiari, le lingue che conosco.

Ci si ritrova così in un viaggio con la propria valigia: quella dei ricordi e quella delle scoperte

Al tempo dei nonni, nel paese di… il cibo, le tradizioni culturali: le fiabe, le feste, il calendario…

Jhon Lennon nella sua bellissima “Immagine” diceva :”You may say I’m dreamer… but I’m not the only one“…e con la medesima forza, anch’io continuo a credere che questa possa essere la “nuova scuola” possibile.

Noi non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato, né cancellare i danni che ci sono stati inflitti.

Possiamo però cambiare noi stessi,”riparare i guasti”, riacquisire la nostra integrità perduta, e far sì che nuovi individui non ripetano inconsapevolmente, il medesimo circuito di negazione del sè.

Possiamo far questo nel momento in cui decidiamo di osservare più da vicino le conoscenze che riguardano gli eventi passati e che sono memorizzate nel nostro corpo, per accostarle alla nostra coscienza.

Si tratta indubbiamente di una strada impervia, ma è l’unica che ci dia la possibilità di abbandonare infine la prigione invisibile e di trasformarci, da vittime inconsapevoli del passato, in individui responsabili che conoscono la propria storia ed imparando a convivere con essa, tracciano nuove vie, nuovi percorsi di conoscenza, verso un ignoto che aspetta ancora di essere scoperto.

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“Mi piacerebbe non aver visto, né letto, né ascoltato mai niente… e poi creare qualcosa” – Keith Haring

La pedagogia nera e la cultura dell’apparire

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A quale prezzo psicologico si ottiene un “bravo bambino-adolescente”? 

La scuola, nella biografia di ognuno, è tra i primi luoghi della socialità.

Il luogo dell’incontro/scontro col mondo, dell’esperienza di gruppo, della costruzione del senso di appartenenza.

 Ciò che ruota attorno al bisogno di sentirsi riconosciuti dal gruppo, di ritagliarsi un ruolo, e all’istinto di preservare le proprie specificità individuali, si scontra continuamente con la questione della “civile convivenza”. È un affare delicato nel processo di crescita.

Perché ognuno di noi ha dovuto fare i conti con i propri impulsi e ha dovuto accettare dei compromessi per raggiungere un equilibrio tra interessi collettivi e bisogni individuali, con momenti in cui una sana trasgressione o anche una decisa “cattiveria” sono diventate l’emergente del nostro agire.

 Un aspetto sociale, cui sono vittime gli adolescenti, è la depressione/isolamento. 

Nella fase di non adulti e non bambini si sentono attraversati da emozioni e sentimenti che spesso li mettono in subbuglio.

Si sentono divorati e sopraffati dal senso di frustrazione, di non accettazione, dal  “non essere orgogliosi di sé”  o esclusi da contesti sociali che li  condizionano  fino all’ emancipazione/isolamento, classificati come “diversi”, ovvero non omologati.

Frustrazioni ed insofferenze diventano tabù che non trovano ascolto, né nel mondo dei pari, né in quello dei professori, né in quello affettivo genitoriale. 

Prevale così il senso di smarrimento, la voglia di sparire, di farla finita, perché è impossibile reggere/gestire il confronto con il mondo. 

 Da qui nasce la ricerca di significati ed il senso di emozioni inascoltate che non devono essere dimenticate,  annullate nell’oblio della  nostra società.  Tracce di  vite spezzate , incomprese che hanno urlato con la  “morte” il proprio grido emotivo di malessere. 

Una rete di significati che a noi spetta di essere decifrata e sciolta di ogni dilemma, affinché non si moltiplichino  e si ripetino  gli eventi.  

Nella Scuola, in realtà, viene trasformata la naturale e spontanea sete di conoscenza in sistematica noia e ripetitivi rituali fondati proprio sulla supponenza gerarchica di trasmissione del sapere da un insieme di persone deputate a dare risposte senza che alcuna domanda sia stata posta.

In questa istituzione si è realizzata pienamente la distruzione di ogni vera individualità e soggettività a favore di una dichiarata e compiuta oggettività, annichilendo in questo modo la ragione stessa della conoscenza che presuppone una relazione dialogica degli attori del processo cognitivo.

La Scuola, quindi, diventa sempre più ‘formazione’ di un uomo nuovo invece che luogo deputato all’acquisizione della conoscenza.

Nel momento in cui essa sembra realizzare e compiere la sua missione di formazione agli ideali della democrazia e della partecipazione, in realtà allontana, in maniera irreversibile, l’individuo dall’autonomia e dalla libertà. 

E’ stato dimostrato, infatti, che la grande importanza e i massicci investimenti che lo Stato effettua nell’ambito dell’istruzione di un paese, sarebbero stati una necessità strumentale delle politiche di espansione del capitalismo.

 La scuola, così, non sfugge alla logica della globalizzazione e alla cultura dell’apparire e del successo. Anzi, ne diventa, avendo inglobato la logica e il linguaggio dell’economia, essa stessa promotrice.

Non a caso sempre più si è sostituita la parola uomo con risorsa umana e/o capitale umano. 

In questo quadro l’informazione ha sostituito la conoscenza,l’accumulo di nozioni e di metodologie ha sradicato da ogni contesto scolastico il piacere della ricerca, della riflessione, vale a dire la saggezza che è frutto di passione e meditazione. Alice Miller, psicoterapeuta svizzera, ha svelato in maniera ineccepibile i raffinati metodi di persuasione occulta che la nostra società occidentale ha messo in atto per piegare le naturali caratteristiche di ogni bambino per indurlo sempre più ad identificarsi con il progetto educativo dell’adulto.

Quest’opera sistematica di repressione produce adulti incapaci poi di reagire alle ingiustizie sociali e accondiscendenti anche verso le forme più violente del dominio.

Questa ‘pedagogia nera’ di cui è impregnata l’educazione familiare, scolastica e sociale, serve a formare personalità che a loro volta sapranno ripetere e rinnovare la logica intrinseca della repressione e del dominio con il risultato di costruire una società fondata sulla convinzione della ineluttabilità di questi principi e valori.

Tutto l’impianto educativo che caratterizza la scuola è finalizzato proprio a ciò, alla preoccupazione del dover essere di ogni persona.  Anche Zigmunt Barman, sociologo britannico dell’inizio del ‘900,  sostiene fortemente: “Gli esseri umani postmoderni devono dunque essere capaci non tanto di portare alla luce una logica occulta nell’accumulo di eventi, o gli schemi che si celano in ammassi casuali di punti colorati, quanto di disfare da un momento all’altro i propri modelli mentali e strappare, con un solo rapido balzo della mente, le ragnatele più elaborate; in breve, di maneggiare la propria esperienza allo stesso modo in cui un bambino gioca col caleidoscopio che ha trovato sotto l’albero di Natale.

“Il successo nella vita di uomini e donne  dipende dalla velocità con cui riescono a sbarazzarsi di vecchie abitudini piuttosto che da quella con cui ne acquisiscono di nuove.”

La cosa migliore è non preoccuparsi di costruire modelli; il tipo di abitudine acquisito con l’apprendimento terziario, infatti, consiste nel fare a meno delle abitudini.

Di fatti oggi, l’ ’apprendimento, è solo quello acquisito per via simbolico ricostruttiva  mentre, quello che deriva dall’esperienza diretta e dalla ricerca empirica viene sistematicamente escluso da ogni aula Scolastica. 

Questo significa creare un contesto che stia dalla parte dei ragazzi e non da quello delle attese degli adulti.

Interroghiamoci  veramente sul senso profondo e autentico del nostroessere piuttosto che sul nostro divenire.

“Raccontare la vita di tutti”

“La vita è un rischio che non si può fare a meno di correre. Per tutta la vita, Ho sempre sognato di fare il giornalista, lo scrissi anche in un tema alle medie: lo immaginavo come un “vendicatore” capace di riparare torti e ingiustizie […] ero convinto che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo” Enzo Biagi

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Con lui se n’è andato un pezzo d’Italia, Lui che è stato così vicino al popolo, così rivelatore fedele di verità multisfaccettate, anche quelle più scomode e pungenti.

Oggi scompare la  “Voce di libertà”per eccellenza. Testimone di Giustizia, faro di libertà ed onestà:  i più cari valori di cui amava parlare, scrivere, esserne  esempio per gente.

Come potremo non ricordati così…Come potremo dimenticare la tua vita spesa a raccontare “la vita”,il tuo coraggio di descriverla colorandola di note ironiche, il tuo sconfinato e radicato rispetto per la verità, la tua difesa ad ogni costo della libertà di espressione…

Avevo 13 anni, ed il solo osservarti mi ha illuminato!Io ti ringrazio, tra milioni di italiani, che come me hanno visto in te, nella passione per il tuo lavoro, il senso della propria vita.

Quanti riprenderanno le tue parole, che useranno come fiaccole per portare alla luce, sempre, le verità della gente. Speriamo che sarai ispiratore, di chi non zittisce la coscienza,e “Cercherà di raccontare che cosa manca agli italiani e di che cosa ha bisogno la gente”. Che sarà capace di “Una certa Resistenza. C’ è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi.”

Oggi che voli lontano dalla tua carta stampata, per scrivere nel cielo, voglio regalarti la mia promessa di giovane cronista. Nel mio piccolo, seguirò le tue orme di “giornalista scomodo”, quel mestiere che, come dicevi tu, più ci tiene compagnia. Racconterò, urlando, se fosse necessario, la  verità in nome di quella libertà che, come la poesia, non ha aggettivi, che è libertà e basta. Con immensa ed  eterna gratitudine… 

Una giornalista di provincia

Giorno per Giorno…i semi del cambiamento

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 Di fronte ai grandi enigmi antropologici culturali, agli orrori su cui ogni uomo si domanda circa la propria responsabilità/capacità di poter cambiare lo stato delle cose…

Davanti al dibattersi della coscienza nel sentirsi  piccola ed impotente nell’agire, sorge un seme di pensiero, un azione che è “Diventare parte attiva nella risoluzione di questi problemi. 

La costruzione di una civiltà umana basata sul rispetto del mondo che ci circonda nella sua totalità prescinde da qualunque credo (il fatto che privati di ossigeno non possiamo più respirare, del resto, è un dato empirico e non un atto di fede).

Il perseguimento di un obiettivo comune inoltre rappresenta una risposta a chi paventa scontri di civiltà tra popoli legati a diversità culturali inconciliabili.  

“I semi del cambiamento. La Carta della Terra e il potenziale umano”  è una mostra fotografica e documentaria sulla Carta della Terra e il potenziale umano,  ideata e sviluppata dalla Soka Gakkai Internazionale e dall’Iniziativa per la Carta della Terra come contributo al Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile tenutosi a Johannesburg nell’Agosto del 2002.  Questa iniziativa mondiale, rivolge l’ invito ad ogni uomo a gettare dei semi all’interno della propria realtà per avere un mondo più giusto.

Il valore e la creatività del singolo individuo, così celebrati, non appaiono “schiacciati” nell’atto di perseguire un bene comune, rappresentano piuttosto una piccola spinta in grado di innescare un “effetto domino” destinato a sconfinare in eventi di maggiore portata.

La SGI, presieduta da Daisaku Ikeda, basa tutte le sue attività su tre cardini fondamentali: la Pace, la Cultura e l’Educazione. Lo scopo della mostra è far conoscere i principi della Carta della Terra e le azioni della gente comune dando il senso di poter fare qualcosa anche nel proprio piccolo e sensibilizzando i partecipanti a valorizzare le proprie azioni per uno stile di vita sostenibile. I computer e le tecnologie della comunicazione non possono sostituirsi al contatto umano diretto, l’unico che costringe a confrontarsi davvero con se stessi.

Solo il crudo senso della realtà e la capacità di rispondere in modo non mediato alla vita e al dolore possono rinfrescare l’opprimente mondo virtuale, e farci sentire come nostri le ferite e il dolore degli altri, sviluppando una sensibilità che rappresenta forse l’unico grande deterrente alla guerra.

È solo entrando nella comunità e partecipandovi che gli individui possono raggiungere un solido senso di identità, situando la loro vita e la loro morte all’interno di un più vasto insieme che dà loro significato

57492461_07c75e1fe8_m.jpg  Il messaggio della mostra è sintetizzato nel pannello finale:  

“TU PUOI”, attraverso azioni quotidiane e locali si possono effettuare cambiamenti incredibili e altrimenti impensabili.
L’allestimento comprende anche la proiezione di un video: Quiet Revolution, Una rivoluzione tranquilla; una voce fuori campo (Meryl Streep nella versione originale) narra tre storie che raccontano che cosa può fare la gente comune di fronte ai grandi problemi. 

 Di seguito il link del filmato:

http://www.sgi.org/do/ngo-resources/aqr.html

Just AroUnd The Corner

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Oil Art di Kim Bromley

Nell’opacità dell’aspetto consueto delle cose, mi piace pensare che gli occhi apriranno percorsi nuovi…
Dove il verde è più scuro ha luogo una mutazione, come  vita nascosta che viene alla luce…una breve luce invernale che trascolora. Così come d
elle figure e dei fregi si osservano sulle ali delle farfalle ed in altre specie diverse ornamento e difesa insieme,così siamo noi esseri umani, simili a cerchi e disegni, macchie ocellari, una varietà di mimetismo “*dell’immaginario occhio di Dio che guarda”…

Di quelle vaghe ombre, dei nomi cui corrispondevano, il tempo cancellerà mai la memoria?
Come sassi lanciati sull’acqua che affondano dopo breve corsa, le figure si allontanano,svaniscono nell’aria trasparente, nel nulla della polvere, aglomerati, particelle che non hanno saputo riconoscere il proprio valore, la propria unicità, combattere per la propria distinzione…

Contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni, non ci sono solo fatti: ci sono fatti ed interpretazioni… come diceva Nietzsche

Un’ermeneutica che spiega come nessuno possa pretendere di rapportarsi all’esistente scevro da pregiudizi. Perchè tutto quello che pensiamo di aver compreso razionalmente è in realtà ciò che volevamo comprendere.

Metti tutti i pregiudizi, mettili alla prova in rapporto ai testi, sperimenta, decostruisci, prova a leggere tra le righe Verità Evidenti… Tu, in preda a pregiudizi che agiscono irreflessivamente…

Nessun Oblio

Nessuna obiettività

Prendere coscienza delle proprie presupposizioni e dei propri pregiudizi, è mettere in moto lo spirito di Ricerca, il più grande miracolo dell’Universo!

“L’uomo è cercatore non possessore della Verità”– Popper 

…e se la meterora  volesse risplendere di una luce che vuole vivere il suo splendore  riconoscersi nel tentativo di distacco dalla materia?

Sì alla Metamorfosi…Non uniformiamoci! 

(*ispirazione /spunti dalla poessia di Giampiero Neri)