Non più Dimessa

Una sinfonia…
Una lacrima…
Un ricordo…
I calzari consumati dal terrore, l’immagine  di una donna stropicciata  dalla sofferenza di non poter essere sè stessa, la paura veste tutti allo stesso modo e irrigidisce i volti.
Ogni donna è chiamata a fare festa,ognuna vuole abbandonare per strada quel velo e lasciarlo nel vento di quello che è stato e mai più sarà… Oggi siamo icone di eccellenza e non è più di moda  abbassare lo sguardo. Oggi siamo promotrici della rivoluzione, dell’incalzare ribellione…
Aperte le ali del sogno la forza ci incise l’anima a tempo indeterminato, un impeto che sembra non aver mai sottratto una  così significativa convinzione  dell’essere. Il muro della censura ha cominciato ad incrinarsi,  e la gente ha  aperto gli occhi.  Siamo brave noi a fiutare il vento, a percepire i desideri di libertà d’espressione. Siamo brave noi, a non abbassare quello sguardo, a non essere geisha delle convenzioni, dei pregiudizi, a non arrendere il respiro e cedere la mano. “L’urlo a forza di vita spezza il mare incontestato  dell’indecenza e trova nella pietra del fondamento la grazia dell’affiorare.”

Tra le due sponde del Mediterraneo  c’è un mare d’infomazione che attende che il Mondo sappia… C’è un mondo in movimento, non stiamo alla finestra!
Tra gli orti  degli eventi, donna  tu sei la docile radice tuberosa confitta nella terra,ti vedo come l’ombra del vino nel bicchiere, il sapone che lava questo mondo dall’ ignoto, il miele  che gli ridona dolcezza e misura, nelle stanze mezze chiuse del sapere.

Sei lingua di sutura del riposo dei bambini, un giro in passerella col vestito nuovo , quello che osa e fa parlare di te, senza più alcuna repressione.

Il tuo sguardo progressista colleziona successi per un futuro in vista di sviluppo ed integrazione. Hai liberato i discorsi “razzisti” ,non hai dato tregua alla finta tolleranza, hai impiantato un nuovo credo in una terra. Perchè l’unica sottomissione che l’uomo conosca e conoscerà è quella a DIO!

Quando il peggio accadrà, rammenterò a me stessa che posso e voglio superarlo.

Sono rimasta sbalordita dalla grande forza che ho scoperto in me stessa e nelle persone disperate che ho conosciuto.
Ora so che, per quanto terribili siano i problemi che mi si prospettano,esiste in me una forza inesplicabile e una gioia futura. E, certamente quella stessa forza la possedete anche voi.(Helen Exley)

Vite allo sbaraglio

‘Se ognuno di noi guardasse nel proprio cuore, se fossimo tutti cittadini del mondo, e non ci fermassimo al volere del nostro ego, ma avessimo una veduta cosmopolita, il mondo sarebbe un posto migliore dove vivere,” scrive Jhonny Ramone -blogger

Cresce di giorno in giorno l’insofferenza per le disuguaglianze.

La società, infatti, ha le fondamenta scosse, vengono a mancare le certezze essenziali, come essere “esempio ” per i giovani?

Vacillanti e sfiduciati, si RINUNCIA sempre più a quel compito /dovere di educare le nuove generazioni ai valori solidi e “regole di vita”.

In questo circolo vizioso, dove sembra essere morto il SENSO COMUNE, la solidarietà, il rispetto delle opinioni/credo altrui, come invertire il senso di marcia e creare un circolo virtuoso?

Come non interrogarsi se, restare e continuare a credere nei propri valori, cercando di impiantarli nei figli, oppure andare altrove?

Impiantare qui i semi di una robusta coscienza ecologica e sociale, scevra di ogni egoismo e di ogni pigrizia, qui dove le cattive abitudini sono ancoraggi e metodologie quotidiane dure a morire, poiché attaccate dal virus della poca volontà e scarsità d’impegno, forse, è una “mission impossible”.

Far morire la mentalità del “camorrista” nei figli di camorristi, che hanno respirato ed impresso nel dna, la trama fitta di scene, vissuti, che condizionano per sempre la loro vita, ereditando lo scettro di arroganza e supremazia su gli altri, trasferendo loro la percezione di comando/violenza sul prossimo.

Come, cambiare un “imprinting” è impresa ardua…

Come capovolgere questa realtà, è forse, utopia, sogni dove respiriamo boccate di speranza…

Oltre il confine dell’inciviltà ed invivibilità cui assistiamo in questi ultimi tempi, cui io sono solo una delle tanti testimoni è facile ed immediato immaginare, fuggire in un’altra dimensione.

“Parti se vuoi un futuro” ! sembra essere un imperativo, non una scelta.

Così anche Federica Bianchi, giornalista dell’espresso, esprime in un post del suo blog:

“Il nostro Paese non è più in grado di offrire un futuro migliore alla maggioranza dei suoi cittadini. I salari sono infinitamente bassi a fronte di servizi insufficienti.

Il posto fisso tanto sostenuto dai sindacati imbriglia le carriere di troppa gente, privilegiando anzianità e gerarchia alla bravura.

Niente di nuovo.

Ciò che è nuovo è la diffusione del fenomeno che ha raggiunto dimensioni tali da paralizzare il Paese.

Se avete meno di trent’anni, partite all’estero!

In molti paesi, dall’America, alla Cina, passando per il Nord Europa e perfino l’Africa, ci sono molte più opportunità.

Cosa vi sta dando l’Italia che valga tanto la pena di restare?

Qualcuno può rispondermi?

Il posto fisso italiano, da sinonimo di felicità è diventato sinonimo di frustrazione.

Non cadete nella trappola.

Sacrificare i propri ideali quattro euro -perché in Italia, al di fuori delle caste, sono davvero quattro – non vale una vita.

Ma Internet offre una finestra meravigliosa su un mondo dove c’è ancora posto per chi ha qualità e ambizione.

E capi  con il coraggio di valorizzarle.”

Io vorrei avere la forza ed il coraggio di voltare pagina, di restare in questa melma di sabbie mobili degli orrori, e piantare piantagioni di giustizia, onestà, solidarietà, speranza. Voglio “essere goccia nell’oceano del mare della vita possibile e della condivisione” non mi curar di loro e continuare a nuotare controcorrente, alla ricerca di altre gocce…come diceva Beata Madre Teresa

Io Vorrei che i giovani imparassero da questo presente,ad essere quello che (non) vogliono essere, magari proprio dalle brutture dei loro genitori/professori/amici, dai torti subìti,affinché ognuno diventi la luce, il cambiamento che vuole vedere accadere nel mondo.

Solo una grande rivoluzione interiore può cambiare le cose, visto che tutte le rivoluzioni non hanno cambiato un granchè
Tiziano terzani.

Vogliamo Diritti Umani non Olimpiadi

 

Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo.

La verità e la non violenza sono antiche come le montagne.
Gandhi
La verità della pace non può accettare di farsi servire dalla violenza.

Ciò che sta sconvolgendo i popoli del Tibet e della Cina ci pone una Grave questione mondiale, un’interrogazione profonda che forse un occidentale, difficilmente preso dal suo tram-tram è disposto a porsi, perché costa fermarsi, impiegare un po’ del suo “prezioso tempo” per qualcosa di drammatico e inaccettabile a chilometri di distanza…

Ma chi fa questo passo, chi crea questo ritaglio di spazio sicuramente si chiederà se in queste sommosse, regolarmente soffocate nel sangue, non ci sia qualcosa di più profondo della forza della disperazione, qualcosa di ben più nobile di una umana, comprensibilissima esasperazione.
Il fatto che, folle di giovani e meno giovani, di monaci e di civili si ribellino con proteste prive di qualsiasi possibilità di successo, andando incontro a feroci repressioni, può sorprenderci.
Di fatto, decenni d’indottrinamento ateista non hanno arrestato il crescere della popolazione nei monasteri, le uniche comunità umane che aumentano i propri membri non per generazione fisica ma per libera adesione interiore; anni di sistematica immissione di migliaia di persone di etnia, lingua e costumi diversi non hanno intaccato l’identità profonda di un popolo.

 

 

 

Né tantomeno lo sfruttamento violento e perpetuo del sottosuolo, l’emarginazione della pastorizia, non ha contaminato il rapporto dei tibetani con la loro terra, così come non lo ha attenuato l’esilio obbligato cui sono state costrette intere masse.

È proprio questa vita tenacemente differente che ha sussulti periodici di riaffermazione, l’incontenibile ricerca della boccata di ossigeno di chi è costretto a vivere in apnea…

E non si riflette se il risultato può essere una repressione ancora più dura. Si agogna unicamente all’ossigeno, a quell’aria pura che è il proprio patrimonio vitale.

Nonostante la meticolosa cernita delle immagini compiuta dalla televisione di Stato cinese per imputare esclusivamente ai tibetani le violenze, l’unico gesto violento di cui è co-protagonista un monaco è l’abbattimento di una porta a calci – quanto da giovani tibetani nei giorni scorsi.

Credo che i monaci e i civili tibetani non si ribellino nella vana speranza che il mondo occidentale metta da parte i propri interessi mercantili e obblighi la Cina ad alcunché: li hanno già sperimentati e conosciuti a più riprese, il nostro modo di restare a lungo in silenzi complici, il nostro gridare sterili condanne di principio, il nostro calcolo di opportunità, la nostra capacità di voltare la testa dall’altra parte, il desiderio che lo spettacolo, anche olimpico, continui.

Ma quegli ESSERI UMANI credono in principi per cui vale la pena vivere e morire, si rivoltano per ribadire che esiste «qualcosa per cui vivere, abbastanza grande per cui morire», manifestano per un’esigenza intima di giustizia, di affermare e compiere ciò che è giusto, a prescindere dalla possibilità effettiva di ottenere la giustizia invocata.

Sono Uomini che lottano ogni giorno per disarmare se stessi, per far tacere la propria aggressività e così indicare a tutti ciò che parrebbe utopico, senza luogo di realizzazione, ma che invece è possibile, anche se mondanamente non vincente.

Sì, l’uccisione della diversità ostinata di una cultura di pace è quanto anche i tibetani temono ancor più della morte fisica.

Soffermiamoci un attimo e riflettiamo, mentre la fiaccola delle Olimpiadi è spenta…

Sì, i veri monaci sono spesso umiliati, a volte perseguitati ma, anche se obbligati a tacere, gridano con il loro silenzio la verità, una verità a servizio dell’uomo. Battito di una vita “altrimenti”.
 

Per chi non abbassa lo sguardo e vuole guardare la Verità:

La documentazione inedita sulle violenze in Tibet

Cittadini del Mondo

‘Se ognuno di noi guardasse nel proprio cuore, se fossimo tutti cittadini del mondo, e non ci fermassimo al volere del nostro ego, ma avessimo una veduta cosmopolita, il mondo sarebbe un posto migliore dove vivere,scrive un blogger Jhonny Ramone

Cresce di giorno in giorno l’insofferenza per le disuguaglianze.

La società, infatti, ha le fondamenta scosse, vengono a mancare le certezze essenziali, come essere “esempio ” per i giovani?

Vacillanti e sfiduciati, si RINUNCIA sempre più a quel compito /dovere di educare le nuove generazioni ai valori solidi e “regole di vita”.

In questo circolo vizioso, dove sembra essere morto il SENSO COMUNE, la solidarietà, il rispetto delle opinioni/credo altrui, come invertire il senso di marcia e creare un circolo virtuoso?

Come non interrogarsi se, restare e continuare a credere nei propri valori, cercando di impiantarli nei figli, oppure andare altrove?

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Impiantare qui i semi di una robusta coscienza ecologica e sociale, scevra di ogni egoismo e di ogni pigrizia, qui dove le cattive abitudini sono ancoraggi e metodologie quotidiane dure a morire, poiché attaccate dal virus della poca volontà e scarsità d’impegno, forse, è una “mission impossible”.

Far morire la mentalità del “camorrista” nei figli di camorristi, che hanno respirato ed impresso nel dna, la trama fitta di scene, vissuti, che condizionano per sempre la loro vita, ereditando lo scettro di arroganza e supremazia su gli altri, trasferendo loro la percezione di comando/violenza sul prossimo.

Come, cambiare un “imprinting” è impresa ardua…

Come capovolgere questa realtà, è forse, utopia, sogni dove respiriamo boccate di speranza…

Oltre il confine dell’inciviltà ed invivibilità cui assistiamo in questi ultimi tempi, cui io sono solo una delle tanti testimoni è facile ed immediato immaginare, fuggire in un’altra dimensione.

“Parti se vuoi un futuro” ! sembra essere un imperativo, non una scelta.

Così anche Federica Bianchi, giornalista dell’espresso, esprime in un post del suo blog:

“Il nostro Paese non è più in grado di offrire un futuro migliore alla maggioranza dei suoi cittadini. I salari sono infinitamente bassi a fronte di servizi insufficienti.

Il posto fisso tanto sostenuto dai sindacati imbriglia le carriere di troppa gente, privilegiando anzianità e gerarchia alla bravura.

Niente di nuovo.

Ciò che è nuovo è la diffusione del fenomeno che ha raggiunto dimensioni tali da paralizzare il Paese.

Se avete meno di trent’anni, partite all’estero!

In molti paesi, dall’America, alla Cina, passando per il Nord Europa e perfino l’Africa, ci sono molte più opportunità.

Cosa vi sta dando l’Italia che valga tanto la pena di restare?

Qualcuno può rispondermi?

Il posto fisso italiano, da sinonimo di felicità è diventato sinonimo di frustrazione.

Non cadete nella trappola.

Sacrificare i propri ideali quattro euro -perché in Italia, al di fuori delle caste, sono davvero quattro – non vale una vita.

Ma Internet offre una finestra meravigliosa su un mondo dove c’è ancora posto per chi ha qualità e ambizione.

E capi con il coraggio di valorizzarle.”

Io vorrei avere la forza ed il coraggio di voltare pagina, di restare in questa melma di sabbie mobili degli orrori, e piantare piantagioni di giustizia, onestà, solidarietà, speranza. Voglio “essere goccia nell’oceano del mare della vita possibile  e della condivisione”  non mi curar di loro e  continuare a nuotare controcorrente, alla ricerca di altre gocce…come diceva Beata Madre Teresa

Vorrei che i giovani imparassero da questo presente,ad essere quello che (non) vogliono essere, magari proprio dalle brutture dei loro genitori/professori/amici, dai torti subìti,affinché ognuno diventi la luce, il cambiamento che vuole vedere accadere nel mondo.

Che ne sarà di Noi?

“Qui la situazione non è semplice da reggere, da gestire..ci vorrebbe un’altra vita…

Cosa sarà del domani?

Cosa ci aspetta nei giorni che verranno?

Che sarà del futuro dei bambini?

Qui si respira gas tossico,  che si sprigiona dalla decomposizione dei rifiuti. Qui si sopravvive, finchè si può, finche si regge, ma non non può essere chiamata vita.

 Qui si è sommersi, sotterrati dai rifiuti.

Questa non è civiltà.

Vorrei poter tutelare la mia salute e quella dei più piccoli.

Ogni napoletano/campano si sente impotente e succube della volontà altrui.

Ogni napoletano ha più rabbia  che scorre nelle vene del corpo che sangue.

Come se oltre al territorio, avessero deturpato ogni singolo cittadino e quello che riguarda il futuro della sua vita.

Sono arrivati dal mare i gabbiani….loro volano ancora liberi sui cieli, fra i cumuli di spazzatura che sfidano il blu…

Anche loro mangiano diossina, senza saperlo.

Che ne sarà di Noi?”

-Vox Populi-

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Liberiamo questa città dalle catene della corruzione, liberiamola da chi ha causato la sua diffamazione, e vuole sotterare la vita.

Chi sa, chi conosce scomode verità, abbi la forza ed il coraggio di non tacere, di rompere il silenzio per sempre! 

Per amor del cielo…

Se vuoi cambiare il mondo

To understand the heart and mind of a person, look not at what he has already achieved, but at what he aspires to do“- kahil Gibran
Credo che nel mondo ci sia poco spazio per le aspirazioni. La pratica, le abitudini ed il dovere strozzano le sottili vie degli intenti. Non ho mai pensato di essere in grado di “insegnare”, ed ho sempre rifiutato l’idea di sceglierlo come mestiere. Ma la mia coscienza bolle, brucia la carne della “mia” verità in pentola, e non può tacere.
Nei giorni scorsi ho scritto un post dove ho già esposto il mio punto di vista sulla pedagogia e la cultura dell’apparire. Spesso alla luce degli eventi cui veniamo messi a conoscenza grazie ai media, siamo testimoni di una realtà adolescenziale sconvolgente, di eventi legati alla vita scolastica cui non sappiamo dare spiegazioni e soluzioni, dove inevitabilmente salgono sul banco dell’inquisizione professori (genitori)i ed alunni.

L’alternativa è quella che Alain Touraine, sociologo francese, attualmente ricercatore, parla di un passaggio ad una “Scuola del Soggetto“.

Una scuola che non si preoccupi di adattarsi a ciò che la società si attende da essa ma, al contrario, indirizzata verso un’educazione capace di facilitare lo sviluppo integrale e armonico di tutte le potenzialità individuali ( conoscere ideali, ambizioni, desideri di ciascun alunno)e di potenziare una vera democrazia interna tra i vari soggetti.

Scrive Touraine: “Bisogna rinunciare a un’istruzione-per-le-società.

Invece di strappare il ragazzo a una parte di se stesso, quella più intima, per trasformarlo in un essere civilizzato, ossia ricostruito in conformità alle categorie predominanti nella società, occorre ricomporre la sua personalità che tende a essere scissa…”

Nella cultura – nella scuola – si entra, così, con una propria storia e la si costruisce nell’incontro/scontro con la storia degli altri che la abita.

Se ciò accadesse, si vedrebbe l’ integrazione tramite il relazionarsi di professori e alunni, in un contesto di “racconto di sé”.

Una finestra si aprirebbe dal quel mondo interiore, fatto di dubbi, ombre perplessità che sarebbero messi in luce attraverso un diario, un taccuino di viaggio, dove coinvolgere anche la presenza dei genitori.

Un viaggio volto alla scoperta delle differenze e delle analogie che comprende il tema del sé e dei luoghi:

Professori e alunni sarebbero i pennelli di un unico dipinto. Un’opera che metterebbe in luce il ritratto di ogni singolo: com’ero ieri, come sono oggi, i gusti, gli oggetti personali (foto, disegni, oggetti di casa, impronte della mano, ecc..). Ed ancora,le sculture familiari, le lingue che conosco.

Ci si ritrova così in un viaggio con la propria valigia: quella dei ricordi e quella delle scoperte

Al tempo dei nonni, nel paese di… il cibo, le tradizioni culturali: le fiabe, le feste, il calendario…

Jhon Lennon nella sua bellissima “Immagine” diceva :”You may say I’m dreamer… but I’m not the only one“…e con la medesima forza, anch’io continuo a credere che questa possa essere la “nuova scuola” possibile.

Noi non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato, né cancellare i danni che ci sono stati inflitti.

Possiamo però cambiare noi stessi,”riparare i guasti”, riacquisire la nostra integrità perduta, e far sì che nuovi individui non ripetano inconsapevolmente, il medesimo circuito di negazione del sè.

Possiamo far questo nel momento in cui decidiamo di osservare più da vicino le conoscenze che riguardano gli eventi passati e che sono memorizzate nel nostro corpo, per accostarle alla nostra coscienza.

Si tratta indubbiamente di una strada impervia, ma è l’unica che ci dia la possibilità di abbandonare infine la prigione invisibile e di trasformarci, da vittime inconsapevoli del passato, in individui responsabili che conoscono la propria storia ed imparando a convivere con essa, tracciano nuove vie, nuovi percorsi di conoscenza, verso un ignoto che aspetta ancora di essere scoperto.

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“Mi piacerebbe non aver visto, né letto, né ascoltato mai niente… e poi creare qualcosa” – Keith Haring

La pedagogia nera e la cultura dell’apparire

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A quale prezzo psicologico si ottiene un “bravo bambino-adolescente”? 

La scuola, nella biografia di ognuno, è tra i primi luoghi della socialità.

Il luogo dell’incontro/scontro col mondo, dell’esperienza di gruppo, della costruzione del senso di appartenenza.

 Ciò che ruota attorno al bisogno di sentirsi riconosciuti dal gruppo, di ritagliarsi un ruolo, e all’istinto di preservare le proprie specificità individuali, si scontra continuamente con la questione della “civile convivenza”. È un affare delicato nel processo di crescita.

Perché ognuno di noi ha dovuto fare i conti con i propri impulsi e ha dovuto accettare dei compromessi per raggiungere un equilibrio tra interessi collettivi e bisogni individuali, con momenti in cui una sana trasgressione o anche una decisa “cattiveria” sono diventate l’emergente del nostro agire.

 Un aspetto sociale, cui sono vittime gli adolescenti, è la depressione/isolamento. 

Nella fase di non adulti e non bambini si sentono attraversati da emozioni e sentimenti che spesso li mettono in subbuglio.

Si sentono divorati e sopraffati dal senso di frustrazione, di non accettazione, dal  “non essere orgogliosi di sé”  o esclusi da contesti sociali che li  condizionano  fino all’ emancipazione/isolamento, classificati come “diversi”, ovvero non omologati.

Frustrazioni ed insofferenze diventano tabù che non trovano ascolto, né nel mondo dei pari, né in quello dei professori, né in quello affettivo genitoriale. 

Prevale così il senso di smarrimento, la voglia di sparire, di farla finita, perché è impossibile reggere/gestire il confronto con il mondo. 

 Da qui nasce la ricerca di significati ed il senso di emozioni inascoltate che non devono essere dimenticate,  annullate nell’oblio della  nostra società.  Tracce di  vite spezzate , incomprese che hanno urlato con la  “morte” il proprio grido emotivo di malessere. 

Una rete di significati che a noi spetta di essere decifrata e sciolta di ogni dilemma, affinché non si moltiplichino  e si ripetino  gli eventi.  

Nella Scuola, in realtà, viene trasformata la naturale e spontanea sete di conoscenza in sistematica noia e ripetitivi rituali fondati proprio sulla supponenza gerarchica di trasmissione del sapere da un insieme di persone deputate a dare risposte senza che alcuna domanda sia stata posta.

In questa istituzione si è realizzata pienamente la distruzione di ogni vera individualità e soggettività a favore di una dichiarata e compiuta oggettività, annichilendo in questo modo la ragione stessa della conoscenza che presuppone una relazione dialogica degli attori del processo cognitivo.

La Scuola, quindi, diventa sempre più ‘formazione’ di un uomo nuovo invece che luogo deputato all’acquisizione della conoscenza.

Nel momento in cui essa sembra realizzare e compiere la sua missione di formazione agli ideali della democrazia e della partecipazione, in realtà allontana, in maniera irreversibile, l’individuo dall’autonomia e dalla libertà. 

E’ stato dimostrato, infatti, che la grande importanza e i massicci investimenti che lo Stato effettua nell’ambito dell’istruzione di un paese, sarebbero stati una necessità strumentale delle politiche di espansione del capitalismo.

 La scuola, così, non sfugge alla logica della globalizzazione e alla cultura dell’apparire e del successo. Anzi, ne diventa, avendo inglobato la logica e il linguaggio dell’economia, essa stessa promotrice.

Non a caso sempre più si è sostituita la parola uomo con risorsa umana e/o capitale umano. 

In questo quadro l’informazione ha sostituito la conoscenza,l’accumulo di nozioni e di metodologie ha sradicato da ogni contesto scolastico il piacere della ricerca, della riflessione, vale a dire la saggezza che è frutto di passione e meditazione. Alice Miller, psicoterapeuta svizzera, ha svelato in maniera ineccepibile i raffinati metodi di persuasione occulta che la nostra società occidentale ha messo in atto per piegare le naturali caratteristiche di ogni bambino per indurlo sempre più ad identificarsi con il progetto educativo dell’adulto.

Quest’opera sistematica di repressione produce adulti incapaci poi di reagire alle ingiustizie sociali e accondiscendenti anche verso le forme più violente del dominio.

Questa ‘pedagogia nera’ di cui è impregnata l’educazione familiare, scolastica e sociale, serve a formare personalità che a loro volta sapranno ripetere e rinnovare la logica intrinseca della repressione e del dominio con il risultato di costruire una società fondata sulla convinzione della ineluttabilità di questi principi e valori.

Tutto l’impianto educativo che caratterizza la scuola è finalizzato proprio a ciò, alla preoccupazione del dover essere di ogni persona.  Anche Zigmunt Barman, sociologo britannico dell’inizio del ‘900,  sostiene fortemente: “Gli esseri umani postmoderni devono dunque essere capaci non tanto di portare alla luce una logica occulta nell’accumulo di eventi, o gli schemi che si celano in ammassi casuali di punti colorati, quanto di disfare da un momento all’altro i propri modelli mentali e strappare, con un solo rapido balzo della mente, le ragnatele più elaborate; in breve, di maneggiare la propria esperienza allo stesso modo in cui un bambino gioca col caleidoscopio che ha trovato sotto l’albero di Natale.

“Il successo nella vita di uomini e donne  dipende dalla velocità con cui riescono a sbarazzarsi di vecchie abitudini piuttosto che da quella con cui ne acquisiscono di nuove.”

La cosa migliore è non preoccuparsi di costruire modelli; il tipo di abitudine acquisito con l’apprendimento terziario, infatti, consiste nel fare a meno delle abitudini.

Di fatti oggi, l’ ’apprendimento, è solo quello acquisito per via simbolico ricostruttiva  mentre, quello che deriva dall’esperienza diretta e dalla ricerca empirica viene sistematicamente escluso da ogni aula Scolastica. 

Questo significa creare un contesto che stia dalla parte dei ragazzi e non da quello delle attese degli adulti.

Interroghiamoci  veramente sul senso profondo e autentico del nostroessere piuttosto che sul nostro divenire.

Urlate “Free Burma”!

Birmania  monkprotestsept26-thumb.jpg 

 Da Londra a Sydney e Seul la gente è in piazza per sostenere i dissidenti del regime militare.

Il corriere della sera, conferma la notizia che sta facendo il giro del mondo: in Birmania Internet viene oscurato dal regime, nel resto del mondo siti e blog si tingono di rosso in segno di solidarietà al popolo birmano.
I militari cercano con ogni mezzo di impedire che le notizie su quanto sta accadendo escano dal Paese: all’avvio delle proteste hanno iniziato a negare ai giornalisti stranieri il visto d’ingresso, a interrompere i collegamenti dei cellulari dei maggiori attivisti democratici e a oscurare molti blog dove i cittadini rivelavano al mondo quello che stava succedendo.
Anche a Giakarta ,  è iniziata la grande marcia di solidarietà per monaci del Myanmar.Blogosfere invita la Rete e i blog ad unirsi per fermare azioni estreme e violente nei confronti della popolazione civile e dei reporter, che hanno il diritto di fare informazione senza mettere in gioco la propria vita. Attraverso un gesto simbolico, si potrà manifestare solidarietà nei confronti di una popolazione vessata da una dittatura fortemente repressiva in cui interessi economici e politici hanno il sopravvento sui diritti umani. Indossa una maglietta rossa, o del nastro rosso che segnala l’ interesse per gli altri e l’ amore per la libertà.  Oggi indossiamo la solidarietà alla protesta pacifica e  mostriamo indignazione per la violenza! Mettiamo sul nostro blog un immagine-simbolo, che dichiara il nostro impegno e la nostra partecipazione al meme che incollo (integralmente come da istruzioni) qui sotto.  

 

Fatelo anche voi! 

Help the People of Burma (Birmania)banner-birmania.jpg

ecco la Realtàhttp://www.flickr.com/photos/naingankyatha/