A quale prezzo psicologico si ottiene un “bravo bambino-adolescente”?
La scuola, nella biografia di ognuno, è tra i primi luoghi della socialità.
Il luogo dell’incontro/scontro col mondo, dell’esperienza di gruppo, della costruzione del senso di appartenenza.
Ciò che ruota attorno al bisogno di sentirsi riconosciuti dal gruppo, di ritagliarsi un ruolo, e all’istinto di preservare le proprie specificità individuali, si scontra continuamente con la questione della “civile convivenza”. È un affare delicato nel processo di crescita.
Perché ognuno di noi ha dovuto fare i conti con i propri impulsi e ha dovuto accettare dei compromessi per raggiungere un equilibrio tra interessi collettivi e bisogni individuali, con momenti in cui una sana trasgressione o anche una decisa “cattiveria” sono diventate l’emergente del nostro agire.
Un aspetto sociale, cui sono vittime gli adolescenti, è la depressione/isolamento.
Nella fase di non adulti e non bambini si sentono attraversati da emozioni e sentimenti che spesso li mettono in subbuglio.
Si sentono divorati e sopraffati dal senso di frustrazione, di non accettazione, dal “non essere orgogliosi di sé” o esclusi da contesti sociali che li condizionano fino all’ emancipazione/isolamento, classificati come “diversi”, ovvero non omologati.
Frustrazioni ed insofferenze diventano tabù che non trovano ascolto, né nel mondo dei pari, né in quello dei professori, né in quello affettivo genitoriale.
Prevale così il senso di smarrimento, la voglia di sparire, di farla finita, perché è impossibile reggere/gestire il confronto con il mondo.
Da qui nasce la ricerca di significati ed il senso di emozioni inascoltate che non devono essere dimenticate, annullate nell’oblio della nostra società. Tracce di vite spezzate , incomprese che hanno urlato con la “morte” il proprio grido emotivo di malessere.
Una rete di significati che a noi spetta di essere decifrata e sciolta di ogni dilemma, affinché non si moltiplichino e si ripetino gli eventi.
Nella Scuola, in realtà, viene trasformata la naturale e spontanea sete di conoscenza in sistematica noia e ripetitivi rituali fondati proprio sulla supponenza gerarchica di trasmissione del sapere da un insieme di persone deputate a dare risposte senza che alcuna domanda sia stata posta.
In questa istituzione si è realizzata pienamente la distruzione di ogni vera individualità e soggettività a favore di una dichiarata e compiuta oggettività, annichilendo in questo modo la ragione stessa della conoscenza che presuppone una relazione dialogica degli attori del processo cognitivo.
La Scuola, quindi, diventa sempre più ‘formazione’ di un uomo nuovo invece che luogo deputato all’acquisizione della conoscenza.
Nel momento in cui essa sembra realizzare e compiere la sua missione di formazione agli ideali della democrazia e della partecipazione, in realtà allontana, in maniera irreversibile, l’individuo dall’autonomia e dalla libertà.
E’ stato dimostrato, infatti, che la grande importanza e i massicci investimenti che lo Stato effettua nell’ambito dell’istruzione di un paese, sarebbero stati una necessità strumentale delle politiche di espansione del capitalismo.
La scuola, così, non sfugge alla logica della globalizzazione e alla cultura dell’apparire e del successo. Anzi, ne diventa, avendo inglobato la logica e il linguaggio dell’economia, essa stessa promotrice.
Non a caso sempre più si è sostituita la parola uomo con risorsa umana e/o capitale umano.
In questo quadro l’informazione ha sostituito la conoscenza,l’accumulo di nozioni e di metodologie ha sradicato da ogni contesto scolastico il piacere della ricerca, della riflessione, vale a dire la saggezza che è frutto di passione e meditazione. Alice Miller, psicoterapeuta svizzera, ha svelato in maniera ineccepibile i raffinati metodi di persuasione occulta che la nostra società occidentale ha messo in atto per piegare le naturali caratteristiche di ogni bambino per indurlo sempre più ad identificarsi con il progetto educativo dell’adulto.
Quest’opera sistematica di repressione produce adulti incapaci poi di reagire alle ingiustizie sociali e accondiscendenti anche verso le forme più violente del dominio.
Questa ‘pedagogia nera’ di cui è impregnata l’educazione familiare, scolastica e sociale, serve a formare personalità che a loro volta sapranno ripetere e rinnovare la logica intrinseca della repressione e del dominio con il risultato di costruire una società fondata sulla convinzione della ineluttabilità di questi principi e valori.
Tutto l’impianto educativo che caratterizza la scuola è finalizzato proprio a ciò, alla preoccupazione del dover essere di ogni persona. Anche Zigmunt Barman, sociologo britannico dell’inizio del ‘900, sostiene fortemente: “Gli esseri umani postmoderni devono dunque essere capaci non tanto di portare alla luce una logica occulta nell’accumulo di eventi, o gli schemi che si celano in ammassi casuali di punti colorati, quanto di disfare da un momento all’altro i propri modelli mentali e strappare, con un solo rapido balzo della mente, le ragnatele più elaborate; in breve, di maneggiare la propria esperienza allo stesso modo in cui un bambino gioca col caleidoscopio che ha trovato sotto l’albero di Natale.
“Il successo nella vita di uomini e donne dipende dalla velocità con cui riescono a sbarazzarsi di vecchie abitudini piuttosto che da quella con cui ne acquisiscono di nuove.”
La cosa migliore è non preoccuparsi di costruire modelli; il tipo di abitudine acquisito con l’apprendimento terziario, infatti, consiste nel fare a meno delle abitudini.
Di fatti oggi, l’ ’apprendimento, è solo quello acquisito per via simbolico ricostruttiva mentre, quello che deriva dall’esperienza diretta e dalla ricerca empirica viene sistematicamente escluso da ogni aula Scolastica.
Questo significa creare un contesto che stia dalla parte dei ragazzi e non da quello delle attese degli adulti.
Interroghiamoci veramente sul senso profondo e autentico del nostroessere piuttosto che sul nostro divenire.